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POINT BREAK regia di Kathryn Bigelow

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Woodman     8 / 10  18/08/2014 16:39:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La Bigelow avanza, indomita, spavalda. Vuole fare la dura e ci riesce.
Corollario di clichè della cinematografia virile, echi aggiornati del buddy movie, sceneggiatura che, come disse qualcuno nemmen troppo acuto ma semplicemente coraggioso, sembra uscita da Novella2000 o simili, in bilico fra il nonsense, l'elementare e il forzato.

A far schizzare il voto così in alto, viste le premesse preoccupanti, è il solito, impareggiabile (momentaneamente) senso visivo della grande artista, che riesce a sopprimere e incenerire gran parte delle pecche, delle quali il film mantiene comunque una discreta sfilza, abbracciando molteplici elementi di linguaggio, divenendo dunque linfa rigenerante ed essenza dell'intera opera.
Appagante (ma non accomodante) impianto scenografico, da brividi certi momenti, in particolar modo quando la mdp resta sospesa assieme ai protagonisti, sulle onde o nell'aria. Sì, giusto, c'è anche lo stampino buddhista-new age, che, tuttavia, senza ingombrare nè risultare pretestuoso o biginesco, è sopportabile, oltre che demarcante.
Reeves, poverino, non gliela può fare, ingessato com'è (e per noi pure mal doppiato), ma Swayze ha la presenza scenica giusta e la simpatia necessaria, in più si aggiungono Busey e la Petty, fuori dal consueto ruolo di ragazzaccia, che sono belli in parte, convinti e trascinanti.

Come film d'azione è la vetta dei '90, lo sguardo femminile, permanente nonostante (e penso tutto sommato volontariamente) l'ostinazione a maschilizzare tutto, è di grande aiuto nel cogliere le sfumature giuste degli ambienti e dei personaggi.
Poi però, andiamoci piano, ovviamente quando l'americana vuole far vedere di che pasta è fatta ci riesce alla grande: l'inseguimento post-benzinaio fra le case delle signore in bigodini è di una potenza fiammeggiante tale da far crollare la mascella sul pavimento e inglobarti nella frenesia travolgente della corsa.
Come scordarsi poi del finale? Degno "yeah" un pelo beffardo e un pelo romantico perfetto per chiudere un film brillante, figurativamente potentissimo, intorbidito dalle cifre stilistiche delle storie al maschile. C.azzutaggine, dunque. A buon mercato forse, con quella Callaghanata del distintivo che sprofonda nell'hard rock dei Ratt, quello che proprio voleva essere eccedente e straripante espressione dell'orgasmo, giusto per completare il quadro.
Eppure, giunti alle utlime scene, della struttura poco resta e poco importa. La Bigelow ha sfoderato il meglio del suo meglio, con una perfezione esemplare nella tessitura narrativa tramite immagine: ovvero quando cornice e quadro si fondono.
Il film, trampolino per la stessa regista verso le sue stagioni d'oro, è, in fin dei conti, meno manierista e manierato di quel che potrebbe sembrare a uno spettatore poco attento, anzi, è addirittura una dichiarazione da cineasta, un esperimento di una regista femmina che si addentra con fluida e maestosa sicurezza da leonessa nella spettacolosa arena dei leoni.

Successo meritato, lodi condivisibili.
Almeno una volta va gustato.