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SUL MARE regia di Alessandro D'Alatri

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jack_torrence     6 / 10  12/04/2010 16:19:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film come "Sul mare" si presta alla più facile delle critiche: Qual è il suo spessore?
In effetti a distanza di ore dall'uscita dalla sala, potrebbe rimanere "poca roba" dentro, soprattutto se si è scettici nei confronti della rappresentazione del sentimento, ed ancor di più se si pretendeva una maggiore e meno posticcia trattazione del tema delle "morti bianche".

Eppure questa critica non inficia il valore del film. Può circoscriverne finché si vuole il peso specifico, limitarne la portata.

Però la rappresentazione, non tanto dei sentimenti, quanto soprattutto della loro intensità, è onesta, sincera, direi verace.
L'intreccio è assolutamente credibile; la sceneggiatura non è per nulla banale. I dialoghi sono assai genuini, credibili proprio nel loro impaccio (a volte stentati). Proprio in quanto i dialoghi non sono scritti "bene", sono validi.
La sola evidente e fastidiosa pecca sta nell'opprimente, invasiva voce off del protagonista narratore: se ne poteva fare a meno (anche del tutto?), e il film ne avrebbe acquistato.

Lontano da una fiction televisiva, cui non merita di essere paragonato, il film di D'Alatri si segnala per alcuni momenti davvero riusciti, dal punto di vista cinematografico.
Il primo dei quali che mi è rimasto impresso è la sequenza subacquea notturna centrale (molto dolce e sensuale, l'attingere ossigeno dal boccaglio di lei). Un altro, la sequenza finale, che non mi è spiaciuta per nulla, pur nella sua naiveté.

Il messaggio è semplice, chiaro, ma non banale. Ruota attorno alla scelta, anzi alla scommessa, fra la strada che ci indica la logica ed i vincoli concreti delle situazioni di vita in cui siamo calati, ed un'altra strada: quella indicataci dai sentimenti con la loro forza scardinante (tanto evanescenti per chi non vi partecipa e non li "sente").
Per lui, l'amore provato rappresenta la possibile uscita dai confini angusti della sua vita (pur immersa nel paradiso del mare, i confini di Ventotene sono una prigione); per lei, l'amore è restato solamente una distrazione (una parentesi estiva: e Ventotene non è una prigione, ma un approdo paradisiaco, però a conti fatti evanescente come un sogno).

E' credibile che un latin lover si innamori così "ingenuamente"? Perché no.
E' credibile che questo sentimento arrivi ad avere effetti psicosomatici così inficianti? Ancora una volta: perché no?