Ciumi 8½ / 10 23/02/2011 13:49:49 » Rispondi Se più nascosta, almeno inizialmente, rispetto che in altri episodi, è questa ancora una raffinata critica alla borghesia cristiana e perbenista, incentrata attorno alla figura di un solo personaggio, sorpreso nell'intimo delle sue depravazioni psicologiche e sessuali, nella sua mania di avere, a livello sentimentale e finanziario, nella follia che, tuttavia, gli altri borghesi non vedono e cui non credono (folli loro stessi?), difesa com'è dal travestimento della rispettabilità, ma che Bunuel si diverte puntualmente a smascherare.
Ed è incentrata attorno a un luogo, centro di dissacrazione per il regista, anzi dentro: la chiesa è l'ambiente in cui si apre il film, con il sottile gioco analogico che lega la lavanda dei piedi alla seduzione amorosa, fintamente casta, ma in verità feticista; è in mezzo nella scena del campanile quale apice di follia; e in coda nella più bella (e più bunuelliana) sequenza. La derisione presunta dalla mania di persecuzione, essa, trattenuta che s'annuncia nel riso di una signora, esplode dentro in chiesa: l'immagine dei fedeli che ridono - è ferma. Dei credenti che lo dileggiano - è muta. L'immagine che ride è nuovamente ferma e muta. Ma se quelli ridono di lui, l'altro, Bunuel, ride di loro, dei cristiani, sottolineandone l'espressione di cera, i volti smorti, la ridicola compostezza; e del ritiro spirituale che va serpeggiando paranoico non si sa dove.