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PROMETTILO! regia di Emir Kusturica

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isaber     3 / 10  17/08/2011 13:49:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un senso di delusione particolare quello di chi, badando al regista che ha firmato l'opera, vi si affida certo di ritrovare le sensazioni che lo stesso gli aveva trasmesso in passato. E' quello che è capitato a me guardando questo ultimo lavoro (escludendo il successivo documentario su Maradona) del regista serbo. Senza andare a scomodare capolavori come Underground o Arizona Dream, la mia aspettativa era basata su di un'altra commedia del regista: Gatto nero, gatto bianco (1998). Chi è riuscito a guardarlo e a rimanere serio? Con quest'ultimo film presenta della affinità. Innanzi tutto, in entrambi il protagonista è un ragazzo. Abbiamo l'amicizia di vecchia data tra due uomini anziani. La figura familiare eccentrica: là un padre inaffidabile, qui uno strano nonno. Una ragazza da salvare, là da un matrimonio forzato, qui da un lavoro forzato e forse da una schiavitù. In entrambi, una cornice di personaggi grotteschi, tra inseguimenti, musiche sfrenate, sparatorie e gag. Le premesse sono buone ma il film non ingrana e gira, lentamente, a vuoto. I personaggi non vengono approfonditi e risultano solo marionette che agiscono fondamentalmente per strappare una risata che, ahimè, non arriva.
Quella raccontata qui è la trama di una classica favola: abbiamo l'eroe con la sua missione (liberare e sposare la bella), abbiamo gli aiutanti (i due fratelli) e l'antagonista (Bajo). Quello che manca è lo spessore. I personaggi, delineati attraverso un paio di caratteristiche forti a testa, sembrano solo delle macchiette. Tutto quello che occupa le due ore del film è l'azione, un'azione volutamente caotica e infarcita di gag a dir poco demenziali (porte sbattute in faccia, pugni in testa, clamorose cadute) che, non sostenute da un'adeguata atmosfera, fanno solo pensare ai film di Bud Spencer e Terence Hill. Grandi sparatorie dunque, grandi risse, grandi corse e tribolazioni, tutto teso verso quel finale già scritto in cui l'amore trionferà e si scoprirà che i cattivi non sono poi così cattivi.
L'impianto c'è, ma rimane vuoto e, mentre con Gatto nero, gatto bianco (che pure adottava lo stesso schema di base) il regista ci trasportava in un mondo bizzarro e meraviglioso, che stupiva e divertiva ad ogni scena, qui non riesce nell'operazione e vediamo solo lo scheletro della storia, senza un contenuto. La sessualità, qui più esplicita che in passato, vorrebbe far sorridere ma perde d'ironia e risulta solo squallida. (La gag del boss Bajo, che ama accoppiarsi con gli animali, può far sorridere la prima volta, con il suo incontro con il tacchino, ma ripetuta e stiracchiata come ogni altro elemento della trama, diventa fiacca e triste. La figura di questo boss impallidisce letteralmente al confronto con l'irresistibile Dadan, re dei gangster gitani in Gatto nero, gatto bianco).
Belle comunque le musiche, curate da Stribor Kusturica, anche se in alcuni punti, usate eccessivamente, diventano un po' ingombranti e snervanti.

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