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DUE O TRE COSE CHE SO DI LEI regia di Jean-Luc Godard

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amterme63     7 / 10  31/01/2013 21:15:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si possono accusare i film di Godard di essere noiosi e pesanti, ma non si può non riconoscere che sono fatti veramente bene, che hanno un tocco particolarissimo che rimane comunque impresso in chi guarda. Sono soprattutto film intellettuali, opere il cui significato va al di là di ciò che viene mostrato sullo schermo. In alcuni casi sono film molto stimolanti e interessanti.
E' il caso di "Due o tre cose che so di lei". E' un documento veramente notevole della presa di coscienza della profonda trasformazione che si stava svolgendo nella società francese degli anni '60 (e di converso in quella occidentale); una presa di coscienza molto problematica. L'aspetto di questa trasformazione che si vuole mettere in risalto è quello dell'inglobamento dell'individuo all'interno di un sistema complesso, fatto dal dominio di ambienti geometrici, asettici, di un'invadenza di prodotti e immagini, che portando di fatto a massificare la vita delle persone, a renderla schiava di bisogni indotti. I soldi diventano così la misura di tutto, anche del sesso.
Chi riesce ancora a rendersi conto di quello che sta succedendo (come la protagonista) vive scisso fra una vita esteriore uguale agli altri, apparentemente normale, e una coscienza dolorosa, alienata, vuota, triste, che anela solo alla morte.
Sulla testa di tutti si svolgono giochi politici incontrollati, guerre, distruzioni - alla faccia della democrazia e dei "valori" occidentali.
E' questo il significato di un film dove volutamente non c'è storia, non ci sono fatti o narrazione. Si tratta poi di un gioco stilistico scoperto, visto che i personaggi stessi spesso si fermano e rispondono alle domande della voce fuori campo, per poi riprendere tranquillamente quello che stavano facendo. Tra l'altro quelle dibattute sono tutte questioni scottanti e in parte ancora attuali, quindi non sono affatto discorsi astrusi o senza senso. Inframezzate alle scene di vita quotidiana di una moglie/madre borghese che si prostituisce per pagarsi gli agi, ci sono inquadrature panoramiche di palazzoni di periferia, ponti in costruzione e dell'invasione di oggetti e immagini iconiche che in pratica costituiscono la nostra percezione del reale.
"Due o tre cose che so di lei" è un efficacissimo spaccato sociologico di un momento ben preciso nell'evoluzione della società occidentale (la metà degli anni '60). Ciò che salta all'occhio rivedendo i film di allora è la nettezza della coscienza critica che ancora resisteva e cercava di denunciare il processo di asservimento della coscienza individuale alle regole di un sistema fondamentalmente coercitivo, travestito però con agi e piaceri. Una coscienza critica che purtroppo noi del XXI secolo abbiamo perso perché ormai siamo completamente assuefatti e prendiamo come sostanziale ed esclusivo tutto ciò che i fornitori di immagini ci procurano.