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RO.GO.PA.G. regia di Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard, Pier Paolo Pasolini, Ugo Gregoretti

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amterme63     7½ / 10  18/11/2011 23:01:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tipico film a episodi anni '60, il cui tema è la manipolazione delle coscienze (non a caso si chiama anche "Laviamoci il cervello"). Il primo episodio di Rossellini tratta la manipolazione delle coscienze attraverso l'immagine e l'aspetto esteriore. E' l'episodio più classico sia come stile che come tematica (la tipica gelosia e possessività italica). I caratteri e la storia sono un po' stereotipati. Girato prevalentemente in studio o con falsi fondali, ha un ritmo molto lento. E' secondo me l'episodio più debole. Rimane notevolissima però l'ultima scena, quella in cui il turista americano abbraccia e bacia l'immagine filmata della Rosanna Schiaffino. E' una scena molto riuscita e suggestiva, che ha avuto illustri seguiti in "Persona" di Bergman e "Dillinger è morto" di Ferreri.
Il secondo episodio, quello di Godard, si occupa invece della manipolazione più sottile dovuta ai giochi politico-planetari e alle paranoie di cui il comune cittadino rimane vittima. Ha un'impostazione esistenzialista (tipicamente francese), mettendo in evidenza l'estraneità con cui l'individuo partecipa alla vita collettiva. Ha un ché di surreale. Girato quasi tutto in esterni, con tante immagini di vita quotidiana e banale (tipico della nouvelle vague), ha un ritmo lento e frequenti primi piani o piani medi prolungati sui personaggi. E' un episodio enigmatico e che non ha conclusione (assenza di trama narrativa evidente, altra caratteristica nouvelle vague). Anche questo episodio non mi ha lasciato molto soddisfatto.
L'ultimo episodio di Gregoretti si occupa della manipolazione operata da parte della pubblicità ed è l'episodio più didattico. E' una denuncia molto chiara della spersonalizzazone e della riduzione del cittadino a rotella dell'ingranaggio del sistema. Fa effetto vedere l'Italia primi anni '60, tutta presa dalla corsa al benessere e al consumo, pronta a "divorare" anche l'ambiente. Allora questo fenomeno veniva percepito e denunciato alle coscienze. Oggi ci siamo assuefatti. E' un episodio che io ho trovato interessante.
La parte clou del film ce l'ha però il terzo episodio, quello della "Ricotta", girato da Pier Paolo Pasolini. Qui si parla di manipolazione dovuta alla sostanziale ipocrisia della borghesia. Il tema è quello scottante (allora ed ora) della religione cattolica. Pasolini se la prende soprattutto con la riduzione della religione a semplice esteriorità, a vuota liturgia, mentre intorno dilaga il materialismo e lo scetticismo. Lo "scandalo" è dovuto all'accostamento delle immagini iconografiche religiose con uno stile sarcastico e grottesco. Solo Bunuel con "Viridiana" aveva osato tanto. Quindi non viene presa in giro la religione in sé, ma la sua iconografia (le immagini statiche, fotocopia delle immagini devozionali o artistiche). In realtà nell'episodio si esprime a suo modo un profondo senso religioso, soprattutto grazie alla figura di Stracci (il ladrone), rappresentato come un povero cristo, e quindi il vero Cristo. Niente blasfemia dunque, ma la rivendicazione di una forma religiosa genuina e di contenuto, attenta ai poveri, e non esteriore e attenta solo ai potenti.
Con questo episodio Pasolini afferma inoltre la propria identità di intellettuale sicuro di sé, che si sente superiore a chi lo condanna o lo critica. Mette in bocca a Orson Welles parole e giudizi molto duri, soprattutto sulla borghesia italiana; parole che si sono rivelate profetiche ma che allora fecero l'effetto di provocazione o di esibizionismo. Forse c'è un po' anche di questo, ma sfortuna ha voluto che Pasolini abbia azzeccato tutti i suoi giudizi negativi che allora sembravano paradossali.
Anche in questo episodio si nota il gusto di Pasolini per le facce segnate dei popolani, per la loro cultura spontanea e verace, per i ritmi spezzati e le inquadrature contrapposte, nonché la fascinazione per i volumi fisici del corpo maschile.