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BELLA DI GIORNO regia di Luis Buñuel

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kafka62     8 / 10  18/04/2018 14:18:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Bella di giorno" è il film che ha fatto conoscere Luis Buñuel al grande pubblico internazionale: merito probabilmente di una star come Catherine Deneuve, del Leone d'Oro vinto a Venezia, di una fotografia (di Sacha Vierny) e di una messa in scena per la prima volta estremamente professionali e di una storia dai risvolti pruriginosi e al limite dello scandalo. Eppure questa pellicola è una delle più complesse e difficili del grande regista spagnolo, in quanto i due piani del sogno e della realtà si alternano e si sovrappongono in continuazione, in un groviglio inestricabile che lo stile ambiguo e allusivo di Buñuel non aiuta affatto a decifrare. La stessa trama assume così diverse significazioni a seconda del punto di vista prescelto. La frequentazione da parte di Séverine della casa di appuntamenti di M.me Anaïs può essere infatti interpretata sia come esperienza reale, che trascina la donna in una insospettabile doppia vita (squillo d'alto bordo di giorno e inappuntabile moglie borghese di sera), sia come ulteriore fantasia erotica che si sovrappone ai sogni nei quali Séverine sfoga, a metà strada tra Freud e Sade, la propria sessualità repressa. La prima lettura è la più ovvia, ma parecchi indizi (i due cocchieri del duca che sono identici a quelli di una precedente fantasia, i campanellini del cliente orientale che producono lo stesso suono di quelli dell'immaginaria carrozza, la sedia a rotelle su cui si sofferma Pierre e che sembra offrire lo spunto a Séverine per concludere melodrammaticamente, nella propria immaginazione, la vicenda) fanno propendere per la seconda. Sono possibili però anche innumerevoli altre combinazioni (ad esempio, che la vicenda sia effettivamente reale e che solo il finale – il ferimento del marito, la confessione di Husson – sia una fantasticheria), giacché nei film di Buñuel, che non a caso è stato negli anni Venti uno dei massimi esponenti del surrealismo cinematografico, i sogni vengono sempre descritti in maniera minuziosamente realistica e, per contro, la realtà possiede non pochi connotati dell'esperienza onirica.
Anche lasciando da parte queste considerazioni, resta l'invenzione di una figura, quella di Séverine, che è tra i più suggestivi personaggi femminili del cinema contemporaneo. In lei si incarna (come del resto avviene in altri film di Buñuel, come "Quell'oscuro oggetto del desiderio") la doppiezza della natura femminile, oscillante tra purezza e perversione, tra innocenza e peccato, tra frigidità e ninfomania, tra sensi di colpa e istinti di trasgressione, in una caratterizzazione ricca di spunti psicanalitici che raggiunge il suo culmine nel vagheggiamento di un duplice amore ideale: quello casto e romantico per il marito e quello sporco e lascivo per Marcel, entrambi figure talmente stereotipate da sembrare mere astrazioni. Catherine Deneuve è bravissima nel disegnare il personaggio di Séverine: algida e contegnosa all'apparenza, riesce tuttavia a far intuire il fuoco che cova sotto la cenere, l'intima lussuria e perversione, l'irresistibile istinto di degradazione e di automortificazione che la trascina a infangare la propria reputazione. Emblematico è il suo rapporto con Husson: nei confronti di questo ambiguo e inquietante amico di famiglia, che sotto certi aspetti è il vero demiurgo della storia (è lui a spiegare a Séverine il funzionamento delle case di appuntamento e a darle in maniera apparentemente casuale l'indirizzo di M.me Anaïs, è ancora lui alla fine a rivelare al marito paralizzato la verità sulla vita parallela della moglie, ponendo le premesse per l'espiazione di Séverine), c'è una relazione di attrazione-ripulsa, che ripete in termini individuali il problematico rapporto di Séverine con la sessualità e che culmina nel sogno dell'incontro erotico sotto il tavolino.
Come la vita borghese di Séverine, anche la superficie del film è fredda, elegante, patinata, come una soap opera ante litteram, ma al di sotto di essa brulica un mondo di pulsioni inconsce e di fermenti psicanalitici. Tra forma del film e vicenda si instaura così un rapporto di biunivoca interdipendenza, il quale riscatta ampiamente lo stile buñueliano dalla possibile accusa di essere un saggio sterile ed esornativo. "Bella di giorno" è comunque anche un film ricco di influssi culturali disparati (le fantasie di Séverine, spesso anacronisticamente calate in epoche diverse, fanno trapelare lontane ascendenze letterarie), di citazioni colte (il sogno dei tori è plasticamente costruito come il famoso "Angelus" di Millet), di motivi psicanalitici (la carrozza, i tacchi a spillo) e di allusioni misteriose e spiazzanti (la terrificante scatola del cliente asiatico, della quale non viene rivelato il contenuto).