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MINE VAGANTI regia di Ferzan Ozpetek

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     8½ / 10  14/03/2010 15:56:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Confesso che per un omosessuale come me indossare gli occhiali un po' distaccati del cinefilo con i film di Ozpetek e con alcuni film della Comencini (ovvero degli unici due autori italiani che "osano" rappresentarci filmicamente nella quotidianità, lontani da strass, piume e paillettes televisive di basso ordine) è oggettivamente difficile. Perché molte di quelle vicende le abbiamo vissute sulla nostra pelle, molti di quei personaggi ci somigliano tremendamente, persino molte delle frasi che compongono le battute delle loro sceneggiature le abbiamo sentite con le nostre orecchie o le abbiamo pronunciate direttamente noi stessi. Questo film, forse più degli altri di Ozpetek, ha racchiuso tante di quelle situazioni anche a livello personale, elevando il coinvolgimento emotivo ben oltre il "consentito" a chi scrive un commento che dovrebbe essere anche tecnico. Ma forse la magia del narrare sta proprio in questo potere evocativo che può arrivare a metterti di fronte a un'opera artistica come se si trattasse di uno specchio che reinvia la tua stessa immagine. Forse questo è già in sé un pregio, più che un limite dell'opera stessa.
E' interessante notare come nel film dove più campeggia e irrompe il tema dell'omosessualità (forse ben più che ne "Le Fate Ignoranti" o in "Saturno Contro"), Ozpetek riesca ad andare ben oltre, proponendo, con lo stile leggero della miglior commedia all'italiana, riflessioni su temi che in realtà coinvolgono tutte e tutti indipendentemente dal proprio orientamento sessuale.
Davvero in questa stagione cinematografica assistiamo a un florilegio di grandi commedie all'italiana che testimoniano la ritrovata validità del "nostro" genere cinematografico per (e di) eccellenza nonché la definitiva maturità di registi quaranta-cinquantenni all'apice della loro espressività artistica. E' lecito immaginare che il ricambio generazionale con i vecchi maestri si stia definitivamente compiendo? Ce lo auguriamo, naturalmente.
Ma torniamo al nostro Ozpetek che probabilmente ci offre la sua miglior prova di sempre: la coralità tipica dei suoi film qui è finalmente compiuta, nessun personaggio, neanche quello più di contorno, sfugge all'ingranaggio della sceneggiatura; tutti gli attori danno davvero il meglio di se stessi conferendo credibilità e spessore ai propri rispettivi personaggi, le battute (complice il lavoro di Ivan Cotroneo) sono ficcanti, efficaci, mai banali, anche quando servono semplicemente a far ridere; la macchina da presa si muove agevolmente tra volti, corpi e i superbi panorami leccesi e salentini (unico appunto: la scelta, forse voluta, di non voler conferire ai ricordi della vecchia nonna una fotografia più "anticata" che ne sottolineasse la distanza temporale; probabilmente è una scelta stilistica che sottolinea come, al cambiare dei tempi, non cambiano le ragioni di fondo che muovono le persone e la loro -cioè nostra- avventura esistenziale); Ozpetek, come regista, sembra finalmente essere uscito dalle terribili contorsioni interiori culminate con "Un giorno perfetto", per acquistare leggerezza e soavità anche nel trattare le situazioni più difficili e drammatiche. Senza peraltro rinunciare a quel tocco "mélo" che lo contraddistingue da sempre.
Nota a parte per le musiche, altra caratteristica del "marchio"-Ozpetek: oltre all'inevitabile citazione anni '60, alla melodia turca (qui sposata perfettamente alla scena finale che respira davvero di "mediterraneità"), all'obbligatoria presenza della cantante italiana icona-gay per eccellenza (Patti Pravo), ottima la prova di Pasquale Catalano e la riscoperta in una delle sequenze più divertenti e godibili del film (quella del ballo in mare) di un duo trash per eccellenza, le belghe di origine ispanica Baccara, grandi regine dell'Eurofestival negli anni '80, anche loro icone gay nella mitteleuropa e nell'Europa del Nord, qui rispolverate in un ironico "Sorry, I'm a lady" che avrà fatto sobbalzare sulle poltroncine i veri cultori del genere...
Estraniandomi il più possibile dalla vicenda, ho notato che il vero tema del film è in realtà il coraggio di scegliere nella propria vita e quindi di assumersene tutte le responsabilità. Non casuale è la difficoltà che il protagonista avrà nel rivelare la sua decisione di essere scrittore contro tutte le attese familiari, rivelazione ben più urgente e dolorosa di quella della propria omosessualità. Ozpetek, Procacci e Cotroneo sono lucidissimi nel mostrarci tutti i limiti dell'attuale Italia familista, un'Italia "che non è più quella del 2000", impregnata di ignoranza, pregiudizi, tradizionalismo e soprattutto di conformismo, più preoccupata di quello che pensano gli altri che di quanto vuol costruire per se stessa e per il suo futuro. Non è un caso che il pastificio di famiglia non riesca ad andare all'unica persona in grado davvero di farla funzionare (la bellissima pretendente del protagonista) perché non maritata con nessuno dei figli: quante piccole e medie aziende italiane sono finite sul lastrico a causa di questo perverso meccanismo? Così come interessante è notare la struttura del lavoro legata alle vicende familiari: il valente caporeparto finisce licenziato perché si innamora di chi non avrebbe dovuto, per esempio.
Anche i legami familiari vengono passati davvero al tritacarne, a cominciare da quello dei due fratelli che si respingono apertamente invece di unire le proprie forze, salvo nel finale dove si suggerisce una riconciliazione comunque lunga e non facile.
Su tutto, però, c'è il piombo delle convenzioni e dei giudizi altrui che nella provincialissima Italia conta più di ogni altra cosa e sull'altare dei quali si immolano intere esistenze. Forse questo è il vero messaggio che ci vuol dare Ozpetek: essere se stessi fino in fondo ed esprimerlo esplicitamente non è un atto di egoismo o di ostentazione ma di profondo rispetto verso se stessi e verso gli altri ed è l'unico modo per avanzare e progredire nella vita. Rinunciare a questa autenticità porta solo dolore e devastazione sia a chi la vive che a chi la subisce.
Interessante, perché molto antitelevisivo e anti mainstream, il messaggio di Tommaso che pur di diventare scrittore affronta i "no" che gli si parano davanti dagli editori col sostegno della persona che ama. Per non parlare della sobrietà proposta dalla nonna nel definire chi è "signore" e chi no: due belle proposte nell'epoca del marketing, dell'ostentazione, dei guadagni facili e del successo immediato garantito.
amterme63  19/03/2010 23:25:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma lo sai Luca che abbiamo tantissime cose in comune ;-)?
Bene, sono io che mi sono estraniato al posto tuo! Forse sono stato un po' troppo cattivo, lo ammetto, ma i personaggi e la storia non mi hanno convinto del tutto. L'unico che mi ha colpito dentro è stato Antonio, purtroppo lasciato un po' da parte.
Del resto l'intento di fare un film di genere (anche se di qualità) è fin troppo smaccato e i film di genere finiscono per standardizzare, depotenziare, impoverire le storie, giusto perché devono aderire a certi canoni estetici e narrativi. Ci sono dei film in cui il comico serve all'etico, qui mi sembra invece che l'etico è usato per il comico (i paradossi "comici" si sprecano) e non viceversa.
Il film più bello di Ozpetek rimane per me ancora Le Fate Ignoranti. Lì l'omosessualità si presenta come un evento interiore che sconvolge intensamente una persona, la spinge a riflettere e a riconsiderare il proprio mondo e che addirittura si sente affascinata e attratta. Quello sì che era un film vero, genuino, con personaggi umanissimi nella loro normalità e con una presa di posizione chiara, netta e innovativa (il gruppo aperto invece della famiglia).
Invece il momento che mi ha colpito di più in questo film è quando la sorella chiede al fratello che si è rivelato, con una spontaneità e un affetto toccanti: "Sei felice?"
Ecco, è questa la chiave di volta di tutto quanto il sistema, perché questo è un sentimento universale che ci coinvolge tutti, omo, etero, solitari ecc.. "Siamo felici?" è la frase magica che dimostra che siamo tutti uguali, tutti siamo persone con la stessa domanda a cui dover rispondere (e purtroppo Scamarcio non ci fa bella figura, secondo me).
Comunque il positivo di questo film che non sono riuscito a vedere io, l'hai visto tu e quindi i nostri commenti in realtà non si contraddicono ma si integrano a vicenda. Del resto hai fatto un commento splendido (ma questa non è certo una novità). Sei una persona veramente in gamba.
C'è stato finora solo un film al quale non sono mai riuscito a distaccarmi oggettivamente del tutto ed è "Brokeback Mountain". E' un film che mi ha segnato, dall'intensità di sentimento che è riuscito ad esprimere. Del resto è uno dei più bei film d'amore in assoluto, al di là del tema dell'omosessualità. E' grazie a quel film che mi sono innamorato del cinema, di un mezzo che riesce meglio di qualunque altro a coinvolgere, a emozionare, a far riflettere, a far annegare nell'infinito dell'animo umano (tanto per parafrasare Leopardi).
Ci rileggiamo alla prossima. Ciao e di nuovo complimenti.

Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  23/03/2010 00:25:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
...a cominciare dal nome!
Grazie dei complimenti, ma anch'io ti leggo con estremo interesse perché anche tu scrivi vere e proprie recensioni molto intelligenti e mai banali.
"Le fate ignoranti" l'ho adorato ma quello era un film "per l'Italia del 2000" che oggi non so quale impatto potrebbe avere. In quel momento l'Italia stava per imboccare la strada verso la modernità, verso l'Europa. Invece ha scelto di fare una brusca marcia indietro tradizionalista e di guardare verso l'Africa mediterranea e il Medio Oriente. Oggi forse è solo percorrendo il "genere" con tutti i rischi che hai enunciato tu che si può parlare di certi temi.
La bellissima sequenza tra fratello e sorella ha colpito moltissimi. Io ho visto il film con due amici, entrambi con sorelle (io invece ho un fratello): ebbene, in quella scena uno è scoppiato a piangere e l'altro è rimasto talmente colpito da sussurrarmi: "Ma sai che anche mia sorella m'ha risposto proprio così quando gliel'ho detto?".
Su "Brokeback Mountain" posso dirti che mi ha emotivamente infastidito sia per la visione tragica di questo amore (che comunque non poteva essere altrimenti!), sia perché l'ho trovato una copia spudorata di quello che io considero un capolavoro assoluto della storia del cinema: "Paris, Texas" di Wim Wenders... persino le (belle) musiche del film di Ang Lee citavano (fin troppo) l'immenso, irraggiungibile Ry Cooder!! Grazie alla benemerita emittente culturale francotedesca arte ho acquistato la versione rimasterizzata del capolavoro di Wenders e ti assicuro che all'ennesima visione che mi sono concesso ero agli orgasmi cinefili multipli!!!
Per me il più bel film d'amore è forse "37.2° le matin" di Jean-Jacques Beneix (da noi "Betty Blue", mi sembra) con una fantastica Béatrice Dalle in una delle vicende più eccessive ed estreme mai raccontate al cinema... Guardati la versione integrale di 3 ore magari in originale e poi mi dirai!
Spero di leggerti anche in privato per parlare delle cose in comune.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  28/03/2010 21:17:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un'altro film che ti segnalo è "Sotto il cielo di Parigi", sul tema, davvero fuori dalle solite morbosità... scusa se mi intrometto ma anch'io adoro ry cooder, sia le sue colonne sonore che i suoi dischi in proprio (Chicken skin music e Get rhythm in particolare sono stupendi)
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  28/03/2010 21:17:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un'altro film che ti segnalo è "Sotto il cielo di Parigi", sul tema, davvero fuori dalle solite morbosità... scusa se mi intrometto ma anch'io adoro ry cooder, sia le sue colonne sonore che i suoi dischi in proprio (Chicken skin music e Get rhythm in particolare sono stupendi)
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  16/03/2010 23:49:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Rimossi i parametri personali del tuo commento, direi che siamo di fronte a una recensione (ottima) vera e propria... fra l'altro nelle musiche c'è un cenno a youkali tango di Weill, già citata in un film di Almodovar. Condivido le tue opinioni e del resto sono anche le mie. Vivendo il film come un riflesso anche personale delle mie vicende (la mia situazione è meno ingarbugliata ma altrettanto coercitiva per certi versi) finisco però per appropriarmi debitamente del personaggio della nonna, una magnifica Ilaria Occhini. Ed è come se cercassi in qualche modo di venir assecondato e incoraggiato da una generazione come la sua
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  17/03/2010 02:30:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Luca, anch'io leggo con estrema attenzione i tuoi commenti perché sono sempre approfonditi e molto argomentati con la cultura del vero "cinéphile". Io mi lascio andare forse troppo a ciò che la visione mi suscita a livello emotivo e ai richiami culturali che mi suggerisce, tu sei molto più preciso e pertinente di me.
Condivido il tuo giudizio sul personaggio della nonna che, in effetti, ricorda quello di Girotti ne "La finestra di fronte": entrambi non si erano potuti sottrarre alle convenzioni, tuttavia hanno sviluppato una libertà interiore che sarà determinante per la crescita di chi sta accanto a loro. Mia madre, grande "fan" di Ozpetek, è rimasta incantata da questo film e dal personaggio della Occhini.
Cmq hai ragione nel dire che quella generazione ha coraggio; molti giovani hanno ritrovato lo stesso coraggio; le nostre generazioni "di mezzo", invece, sono rimaste a metà del guado, in bilico tra la voglia di realizzarsi cercando la propria felicità e l'incapacità di assumersene appieno la responsabilità mettendosi in gioco. Meritiamo davvero una bella pedata da entrambi!!! Nota: io ho 43 anni.