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GLI AMORI FOLLI regia di Alain Resnais

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  07/08/2010 00:53:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tutto si può dire, ma le sceneggiature dei film di Resnais sono a dir poco formidabili. Non è esatto poi credere a un cinema classico se le percezioni che risaltano riescono a rendere il tutto così nobile e moderno.
Penso però che Resnais sia un inguaribile utopista - una storia che al giorno d'oggi potremmo trovare improbabile nei suoi sviluppi neutrali - e che creda ancora nella magìa del cinema di riprodurre quasi interamente l'arte del sogno. Non a caso questo strano incantesimo finisce per ricordarmi tremendamente il cinema di Michel Gondry, anche se qui il surrealismo non prevale mai sull'autenticità vera e presunta della vicenda.
E' come un gioco di specchi dove i francesi amano ritrovarsi, persi nella loro minuziosità, a volte (volutamente?) irritante, come in quest'ombra di sentimenti celati o espressi neanche fossimo davanti all'ennesimo ritratto di amare contraddizioni (laceranti, tra frigidità e desiderio) della metafora poetica del compianto Eric Rohmer.
L'attrice più meravigliosamente e insopportabilmente "francese" del cinema contemporaneo, Sabine Azema, celebra questo personaggio velando di mistero la sua vita privata (a un certo punto lo spettatore finisce per pensare che abbia una relazione saffica con la sua miglior amica e collega).
Incensato dalla critica internazionale come un capolavoro, non me la sento di obiettare tanto entusiasmo, ma nemmeno di condividerlo in pieno.
Il film è un miracolo stilistico, talmente pregno di classe e amore per il cinema (un bacio fugace tributa l'epilogo da metro goldwyn mayer dei tempi d'oro) da lasciare ammaliati, però è talmente permeabile alla sua perfezione - così rarefatto nel suo sentimento "puro" da lasciare talvolta qualche perplessità sulla sua... sincerità visiva.
C'è grande sfoggio di ironia, che ancora una volta concorre al bisogno estremo di questo ultraottantenne di navigare un immaginario che non esiste quasi più. Come se qualcuno dovesse rimpiangere l'amore di "Le grandi manovre" anzichè il romanticismo bellico di "I ponti di Tokyo-Ri".
Come nel suo eccentrico epilogo, c'è una cura di particolari che rivela l'immensa utopìa di un desiderio, che è poi quella dello spettatore di oggi quando celebra il suo sogno, e l'illusione di un cinema ridotto a "pura macchina di emozione"