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VENDICAMI regia di Johnnie To

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     8 / 10  03/05/2010 05:00:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sontuoso, imponente, cupissimo, lirico, mistico, implacabile: questo è "Vendicami", un western a tutti gli effetti ambientato nell'emergente Asia ma con tutti i canoni del noir e del gangster-movie senza tralasciare momenti degni dell'onirismo di un Kurosawa e dell'efferatezza di un De Palma. L'ormai noto virtuosismo di Johnnie To è qui al servizio di una vicenda che mutua tutti i canoni del western (più di quello all'italiana che non di quello all'americana), le atmosfere e l'amoralità del noir francese per fonderli in una sapidissima salsa asiatica fatta di eccessi e di visionarietà sublimi (ammirate la sequenza dell'apparizione sotto la luna o quella del duello nel bosco o ancora l'inseguimento tra i sobborghi di Hong Kong e, soprattutto, la vera e propria battaglia nella discarica con le balle di carta usate dai killer a mo' di testuggine romana...).
Fin dai primi fotogrammi siamo catapultati in un mondo di violenza estrema, efferata, violenza che man mano diventa rito, balletto, inevitabile comportamento che tutto e tutti travolge con tanta umanissima spietatezza.
Grandiosi gli interpreti, a cominciare da un lacerante Johnny Hallyday dal volto segnato dalle rughe, occhi piccoli chiarissimi, penetranti, annegati dallo scavo del tempo e delle forti emozioni negative vissute. Un personaggio di straordinaria ambiguità, tanto determinato nelle azioni e nei sentimenti quanto divorato dalla stanchezza e dall'odio, dalla voglia di uccidere e dall'aspirazione mistica alla serenità e alla pace con se stesso, amorale quanto basta per elaborare un codice comportamentale basato sui legami di sangue e sull'amicizia virile, minato nella sua inesorabile spietatezza da un'amnesia incipiente che lo porterà a dimenticare persino cos'è la vendetta che aveva giurato. A questa debolezza e fragilità (apparenti), Hallyday consegna con generosità e senza pudori tutto il suo aspetto più segnato dal tempo, lasciando però ai suoi tratti somatici forti il compito di renderlo ugualmente implacabile. Ma come non intenerirsi di fronte allo smarrimento di un uomo solo in una città estranea, ostile e diffidente verso la sua razza che guarda le polaroid scattate ai suoi amici per cercare disperatamente di riconoscerli tra una folla di cinesi apparentemente tutti uguali? E come non partecipare al suo delirio mistico sulle rive del mare quando invoca una improbabile salvezza ottenendo in dono il recupero della memoria e quindi la capacità di proseguire fino in fondo la sua vendetta?
Il resto del cast, già visto in altri film del regista, è semplicemente sublime nel caratterizzare all'estremo ogni personaggio quasi come se si trattasse di un fumetto.
Musiche trascinanti, anch'esse in stile-western-gangster; fotografia ed effetti speciali semplicemente da urlo.
Nota a parte per i dialoghi: essenziali, quasi minimalisti ma mai banali. Fa molto riflettere la considerazione sulla (im)possibilità di dimenticare una vendetta: solo un'amnesia -cioè qualcosa di indotto esternamente contro la volontà della persona- può fermare questo profondo e distruttivo desiderio umano, non certo una libera scelta.
Incredibile il linguaggio mimico e coreografico utilizzato da To per descrivere con maniacale dettaglio ogni rituale e ogni "battaglia"; in questo si riversa tutto il suo essere cinese.

Intrattenimento puro con grandissimo stile. Se vi piacciono le emozioni forti, duelli, combattimenti e le tipiche stragi da western... correte a vederlo. Ma correte anche se desiderate assistere a due ore di lezione di Cinema.