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LA PRIMA COSA BELLA regia di Paolo Virzì

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Marco Iafrate     7½ / 10  07/06/2011 18:23:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tutto quello che non abbiamo dalla nascita e di cui abbiamo bisogno da grandi, ci è dato dall'educazione.
Questa educazione ci viene data o dalla natura o dalle cose o (principalmente) dagli uomini. Chi diventa genitore sa di avere una responsabilità che non è esattamente quella di ricordarsi di giocare la schedina la domenica o la puntata al videopoker, è qualcosa di molto più impegnativo: è quella di educare i propri figli.
Bruno è un uomo plasmato dagli avvenimenti, i suoi occhi e le sue orecchie hanno visto e sentito cose che un bambino, spugna assorbente, difficilmente dimentica. Il comportamento frivolo della madre, la gelosia del padre, le liti, la violenza, segnano il suo cammino attraverso l'infanzia e l'adolescenza fino ad una maturità vacillante fatta di silenzi, incomprensioni e sporadiche fughe dalla realtà.
Può sembrare imbarazzante ed inspiegabile il rifiuto iniziale di Bruno, dietro la supplica di sua sorella, di correre al capezzale della madre morente, chi non lo farebbe, i continui flashback oltretutto ci descrivono una madre un po' ingenua sì, ma follemente innamorata dei propri figli, capace di passare dal pianto al sorriso per il tempo necessario a nascondere la propria disperazione agli occhi dei bambini. Perché questo turbinio di sentimenti? Perché la famiglia non è un codice. Ci si può innamorare, volersi bene, educare i propri figli, ma non li si può programmare come si fa con un elettrodomestico e non si può, con il passare degli anni, vivere di rendita su entusiasmi che ormai ci hanno lasciato, le cose cambiano e bisogna adattarsi a questi cambiamenti, se non lo si fa ecco che nascono tarli come la gelosia, l'invidia, le frustrazioni. Virzì mette in scena un ritratto di famiglia complesso ma non così fuori dal comune, edulcorato quando mostra mamma e figlio al cinema o al ballo oppure durante l'improbabile festicciola nel finale, crudo e spietato nel renderci partecipi delle paure di Bruno bambino cacciato di casa dal padre con il resto della famiglia o all'impatto psicologico che può avere il sentir parlare delle performance amorose della propria madre da parte dei compagni di liceo.
Tutto gestito con garbo dal regista, senza inutili strafalcioni o patetiche cadute di stile così frequenti in molte commedie italiane di oggi, della bravura di Mastrandrea se ne è già parlato a sufficienza, da sottolineare l'adattamento al dialetto toscano, per niente facile soprattutto per chi, come lui, nei film, della sua inflessione romanesca ne fa un valore aggiunto, brava la Sandrelli e bravi i piccoli e giovani attori che hanno interpretato i figli di Anna/Ramazzotti. Un film gradevole, ce ne fossero.