caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

QUANDO LA MOGLIE E' IN VACANZA regia di Billy Wilder

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     7 / 10  02/03/2012 22:33:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche questo film di Wilder tratta forse il tema cardine della sua filmografia: il contrasto fra la parte puritana, virtuosa e quella godereccia, viziosa; una delle tante dicotomie su cui si fonda la società americana. Wilder qui mostra chiaramente di stare dalla parte del vizio. Una delle virtù della cultura americana è quella di sapere far convivere gli opposti, un'esercizio morale di non poco conto, in cui si può immaginare di essere formalmente retti e interiormente corrotti con la massima naturalezza e plausibilità possibile, senza provare rimorsi. Il "miracolo" (se così si può chiamare) di questo film è proprio quello di far apparire il "negativo" naturale e quasi necessario e che non intacca minimamente la "positività" di una persona.
Probabilmente è un estremo tentativo di far rientrare il disordine nell'ordine, prima che con gli anni '70 l'ordine venga definitivamente scardinato e il disordine diventi la norma. Insomma in queste commedie di Wilder si possono leggere i primi segni della crisi che affosserà il rigido modello etico a favore del libertario e trasgressivo modello consumistico.
Il mezzo con cui viene raggiunta questa mirabile e ordinata sintesi è la tecnica molto usata da Wilder del discorso indiretto. Tutti i film di Wilder iniziano con una voce introduttiva, un invito a riconsiderare, a guardare "attraverso" i fatti. Così è anche in questo film, dove un insistente discorso ad alta voce del protagonista ci indica per filo e per segno tutto quello che gli frulla per la testa, come se si trattasse di un testo di Joyce. Essendo quindi il motore della storia l'illustrazione di movimenti interiori, la tecnica rappresentativa non può essere che teatrale, ricordando quasi i film di Bergman.
Cosa viene fuori da quest'opera? Il matrimonio, la vita seria e regolata, la famiglia sono solo delle gabbie da cui si desidera assolutamente evadere. Questo può avvenire solo per brevi momenti, giusto per assaporare la libertà e per aprire se stessi a qualcuno che comprenda, capisca, consoli. Insomma una valvola di sfogo, una breve fuga che serva poi come "contraltare", per poter capire che non si è in grado di sfuggire alla vita di tutti i giorni, anzi che non si vuole sfuggire, che è diventata LA vita, ordinaria e noiosa, limitante quanto si vuole ma che dà certezza, sicurezza, stabilità. Alla fine si sente il bisogno di rientrarci, ringraziando la persona che ci ha fatto capirne il valore.
Ed ecco quindi che questo film spiega e quasi istituzionalizza il ruolo salvifico e positivo che ha un certo tipo di tradimento all'interno del matrimonio. E' qualcosa che capita spessissimo: un uomo cerca consolazione, comprensione, sfogo in una persona affettuosa, disponibile, a completo servizio e che poi accetta di farsi da parte, contenta di avere donato un po' di benessere interiore e felicità a chi ne aveva tanto bisogno, senza chiedere niente in cambio.
E' questo il ruolo che viene idealizzato dal personaggio interpretato perfettamente da Marylin Monroe. L'inconsapevolezza, quasi la disarmante ingenuità la salva da severi giudizi di ordine morale ed è un trucco consapevole, forse il trucco principe, che permette di coniugare vizio e virtù. Ovviamente si tratta di stortura e stereotipo. Il personaggio della Monroe è troppo perfetto e immaginifico per essere vero. E' una fantasia tipicamente maschile, è esattamente come un uomo vorrebbe che fosse una donna.
Il problema sta proprio qui: la sintesi è nell'immaginazione, nel ruolo forzato dato al sesso femminile: il maschio ottiene tutto, la donna niente. La solitudine, il vuoto, il niente è lo spettro che attende e annienta queste apparenti figure angeliche, dolci e ingenue, interpretate dalla Monroe. La crudeltà dell'immaginario collettivo ha voluto che la Monroe fosse quasi costretta ad adottare pure nella vita privata questo ruolo stereotipo, condannandola al suidicio. Dagli anni '70 in poi non sarà più possibile proporre un tale modello e anche l'immaginario maschile si dovrà arrendere alle esigenze femminili (vedi Sharon Stone in "Basic Istinct").
Il film è molto istruttivo e rivelatore a proposito e in fondo il suo valore sta proprio in questa testimonianza riflessa che ci propone. Per il resto soffre di pesantezza e lentezza, a mio modo di vedere, ma appunto è solo un mio giudizio personale.