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CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA regia di Stanley Donen, Gene Kelly

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Dom Cobb     10 / 10  18/09/2018 14:55:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La star del cinema muto Don Lockwood, costretto a dividere la scena con l'oca pri******* dalla voce stridula Lina Lamont, si innamora dell'attrice teatrale Kathy, ancora intenta a fare la gavetta; nel frattempo, l'arrivo del sonoro sconvolge l'industria da cima a fondo...
Il musical dei tempi d'oro di Hollywood è uno di quei generi rimasti scolpiti nella memoria collettiva della gente ancora oggi, sia che si tratti di ammiratori oppure di detrattori; è un genere che porta con sé degli elementi e delle aspettative che gli vengono automaticamente associati, come colori sgargianti, un'atmosfera leggera e spensierata vero e proprio inno alla felicità e all'allegria, canti e danze sfrenate con strepitose coreografie e la cronica presenza dell'happy end obbligatorio. Insomma, fiabe moderne in live-action per un pubblico di smaliziati, dove a trionfare sono quanto di più positivo c'è della natura umana. "Cantando sotto la pioggia" presenta tutte queste caratteristiche ed è la prova ultima che questa formula non è per niente un male.
Se "Un americano a Parigi" offriva un assaggio delle potenzialità del genere made by Gene Kelly, questo seguito, spirituale più che altro, tale potenziale riesce a svilupparlo appieno e porta il prodotto finale a un livello di tale elevata, eccelsa qualità da lasciare sbalorditi. Sul lato tecnico, al solito meraviglioso uso del colore e alle solite, grandiose coreografie, si accompagna una maggiore libertà nell'utilizzo della telecamera,


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così come un'elettrizzante energia che vitalizza la narrazione, merito senza dubbio del cambio di regia dal pur bravo Vincente Minnelli a Stanley Donen, che o è più tagliato per il genere o ha solo maggior talento e passione.
Anche il versante narrativo fa un balzo in avanti rispetto alla controparte dell'anno precedente: sì, la storia romantica è ancora presente, ma stavolta fa più da sfondo a una vicenda che, non per la prima volta in quegli anni ("Sunset Boulevard" aveva fatto lo stesso), affronta il tema spinoso del passaggio dal cinema muto a quello sonoro, e l'impatto che ha avuto sulla vita di numerosi attori e attrici dell'epoca. Naturalmente, nulla che conceda alla vicenda un che di drammatico: anzi, il tutto viene trattato nella stessa maniera leggera e spensierata, puntando tutto sulla simpatia dei protagonisti, incredibilmente affiatati, e su una struttura della trama semplice ma efficace.
Kelly è quello che è, sarà anche stato un incubo dietro le quinte ma quell'uomo aveva del talento da vendere; Debbie Reynolds è folgorante, visto anche che si tratta del suo esordio in un ruolo di primo piano; ma a rubare la scena a tutti il più delle volte è Donald O'Connor, simpaticissimo istrione all'ennesima potenza col sorriso perennemente stampato in faccia.


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"Cantando sotto la pioggia" non è il film più narrativamente o tematicamente complesso mai uscito da uno studio americano, ma sono la sua tecnica e il suo stile a renderlo il gioiello che è, perfetto sotto ogni aspetto e senza la sia pur minima sbavatura. Personaggi simpatici, interpretazioni solide, musiche e danze da Oscar (neanche nominati tra l'altro, quale infamia!) e una storia che offre, sebbene a modo suo, uno sguardo affascinante a un'epoca del cinema che spesso viene messa da parte o liquidata troppo in fretta: gli ingredienti giusti che assicurano un'esperienza difficile da dimenticare o da non farsi piacere almeno un po'.
Dom Cobb  18/09/2018 14:56:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Strano, come mai mi hanno censurato la parola "p.r.i.m.a.d.o.n.n.a"? Mica è una bestemmia, è un termine così comune...