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CARO DIARIO regia di Nanni Moretti

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ULTRAVIOLENCE78     7½ / 10  13/04/2008 04:57:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Al preludio della famigerata “discesa in campo” di Berlusconi, Nanni Moretti tratteggia, attraverso una narrazione in forma di diario, una società italiana in cui, alla maniera un pò "alleniana", motteggia e schernisce certi comportamenti e abitudini dell'italiano "medio", prendendo di mira diverse tipologie di cittadino: dai registi che si ergono a censori della società facendo di tutta un’erba un fascio (emblematico a tal proposito è il momento, in cui Moretti afferma di non sentirsi appartenente alla maggioranza bensì a una minoranza) ai critici cinematografici poco coraggiosi e "conformisti"; dai genitori iperprotettivi al fatuo jet-set che popola i luoghi di vacanza più rinomati; dall'intellettuale ipocrita all'eremita che stoltamente crede di poter vivere meglio al di fuori della “civiltà” fino ad arrivare alla categoria dei medici, l’incontro coi quali mette in luce il relativismo –e anche un po’ la superficialità- imperante nel campo della medicina e che il più delle volte non dà soluzioni concrete, salvo trovare queste ultime quasi fortuitamente come avviene in maniera un po’ grottesca nell’episodio narrato dal regista di Brunico.
Sia l’inizio del film, in cui Moretti percorrendo in vespa diversi quartieri dell’Urbe evidenzia il contrasto tra la semplicità e la sobrietà dei luoghi più umili della capitale con l’artificiosità e la piattezza di quelli borghesi, sia il finale che vede lo stesso Moretti disfarsi di tutti gli inutili medicinali propinatigli e sostituirli con l’elemento più naturale esistente (l’acqua) sono i segni di un messaggio volto a richiamare un ritorno alla semplicità.
E’ sicuramente un Moretti meno caustico del solito e più tollerante, ma non per questo meno incisivo. Da “Caro diario” emerge infatti l’immagine desolante di un Italia segnata profondamente dal degrado socio-culturale, al di là della quale, tuttavia, il regista non si nega la possibilità di un riscatto attraverso il recupero del piacere delle “piccole cose”; un po’ come fece Woody Allen in “Manhattan”.