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ECCE BOMBO regia di Nanni Moretti

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  22/02/2007 23:08:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Ma che stiamo facendo? Ma che sta succedendo? Quando vedremo il sole? Sto male, e c'io pure freddo"

Rivisto fuori dalla vetusta e snobbina concezione domestica (dvd o vhs), in un cinema distratto, "Ecce bombo" non sembra affatto invecchiato come avrei temuto. E' un'opera travolgente, a cui non sfugge un lieve sentore di narcisismo autoriale ("noi diciamo che le cose non vanno, noi andiamo oltre" ) che diverrà sempre piu' l'Io narrante di Moretti e del suo cinema.
E non mancano certo i momenti della giornata in cui tutto mi sembra incomprensibile e folle, dissociato e astratto, dove mi sento un "alieno" per aver protetto una collega di lavoro da insulti razziali o per difendere la mia idea incentivando il fatto di non volerne sapere di essere "allineato al sistema".
Non è un film affatto burocrate: se ascoltiamo un tizio chiedere una parte "a costo di tagliarsi un'orecchio se il film parla di sequestri" è come se già decenni fa assistessimo al vuoto dell'apparenza, al modello retrivo che dall'idealismo passa al rito collettivo e quindi alla funzione conformista della massa.
I trentenni di allora si leccano le ferite di una brutale realtà quotidiana, che oggi ci appare datata soltanto perchè le reduciste implicazioni ideologiche del 1977 ci appariranno ingenue, o superflue: non serve a nulla dichiararsi vinti da una società che esibisce tristemente e felicemente i propri errori temporali (emblematica la figura del padre di Michele, Glauco Mauri quando alle parolacce del film redarguisce con un "questo è il risultato di un'educazione repressiva. Pensa cosa saresti diventato se avessi ricevuto un'educazione moderna".

Fa venire in mente il testo di una canzone di Guccini, altrettanto emblematica in tal senso: la generazione di "Ecce bombo" ha ancora la forza di ribellarsi contro certi schemi e fa "controcultura", ma vive sopraffatta dalla perdita di ogni speranza, dalla "dissociazione fatale".

Si passano in rassegna battaglie che avrebbero potuto essere eversive e coerenti, ma sono soltanto frustanti: la liberazione sessuale, il femminismo incoerente che passa attraverso il tradimento come binario borghese, la legge sul divorzio (quando pero' due persone decidono comunque di distruggersi la vita... insieme), il viaggio come fuga che aderisce comunque all'incertezza per il futuro.

Credo che sia per questo emblematico il personaggio di Michele, avverso sia ai meccanismi sociali piu' in voga sia alla passività brutale della dissociazione "diversa", come se carpisse quanto l'impegno profuso sia del tutto arbitrario alla funzione di un mondo che conosce solo l'esasperazione e la banalizzazione dei riti (I ggiovani, per dirla con la pronuncia dell'assurdo giornalista locale, come categoria alla quale i media chiedono scelleratamente "comprensione" e audience).

Poi c'è chi sceglie la dissociazione verbale (lo stralunato Mirko), chi quella globale (Olga, Lina Sastri) chi, come l'invasato interlocutore di una radio indipendente, "fa sempre finta".

Dieci anni dopo Michele è in piscina, e fa la summa di un decennio con "Palombella rossa"

Altri decenni dopo, cade un governo di centrosinistra per aver "osato" fronteggiare radicalmente i conti col proprio passato e la propria cultura.

Proprio vero: in fondo quel "ce lo meritiamo Sordi" sottintende il disprezzo verso il cinema dei Papà che si è ripreso il suo posto, anche nella vita di ogni giorno.
Tra "il sorpasso" di Risi e "la meglio gioventu'" che sfoggia l'ecumenismo radicale del conformismo (a tratti splendidamente, vero) "Ecce bombo" è proprio come una fontana chiusa in mezzo alla piazza