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METROPOLIS (1927) regia di Fritz Lang

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     10 / 10  02/12/2011 15:05:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uomo e macchina,carne e metallo,opposizioni nette omogeneizzate da una dipendenza quasi fisica nel capolavoro di Fritz Lang.Operai-automi che lavorano senza sosta ripetendo per interminabili ore sempre gli stessi movimenti,un robot con sembianze di donna che progettato per reprimere sul nascere eventuali sommosse finirà proprio per causare l'effetto contrario.
Per la serie anche i geni possono toppare:Bunuel riconosceva a questo film un impressionante impatto visivo ma una sostanza esile e retorica,lo scrittore di fantascienza H.G. Wells ci andò giù ancor più pesante limitandosi ad una lapidaria quanto tremenda stroncatura.
In realtà "Metropolis" è un lavoro grandioso non solo per gli ambiziosi obiettivi che si pone in partenza,è anche l'antesignano degli attuali kolossal fantascientifici.
E' un film in cui la tematica sociale con la suddivisione netta tra poveri e ricchi è trattata in modo spietato,in cui la condizione dei lavoratori è colta nella sua tangibile e spietata essenza.Lavorare senza potersi avvalere di alcun diritto in una visione di schiavismo futuristico riallacciabile a certi scenari attuali assume connotati a dir poco inquietanti.
Le persone abbienti godono del lusso e vivono in un mondo dorato quasi inconsapevoli che la loro gloria è conseguenza del sacrificio di una forza lavoro omologata e sottomessa.Gli operai sono costretti ad abitare in catacombe e a turni di lavoro massacranti.Molto significativo notare come la ribellione porti sull'orlo del baratro l'intera città,senza il fondamentale apporto dei lavoratori tutto è destinato a fermarsi e a crollare.
Lang utilizza la macchina come simbolico alleato del potere ma anche arma a doppio taglio.L'uomo e l'amore,il raziocinio,la speranza e la carità umana non possono essere sostituite da freddi ingranaggi,simboli di una disumanizzazione che si specchia nei gesti degli operai.La loro marcia cadenzata fa il pari con il movimento preciso e ossessivo degli ingranaggi,tutto è reso conforme ma l'imprevidibilità dei sentimenti scardina quell'ordinamento così rigoroso. L'impianto scenografico è qualcosa di incredibile,sembra impossibile che questo film sia stato girato nel '27.Le architetture maestose con profili spigolosi ,eppure inquadrati secondo un'austera armonia geometrica,sono sbalorditivi,quanto le scene di massa o l'utilizzo delle luci,da non dimenticare gli ovviamente grezzi ma gradevoli effetti speciali messi in scena con somma disinvoltura,ingredienti di sequenze indimenticabili entrate a buon diritto nella storia del cinema. Il finale che vede una conciliazione tra le parti si dice sia stato voluto dalla consorte del regista il quale avrebbe preferito un epilogo più catastrofico,poi proposto decenni dopo dal giapponese Rin Taro nell' omonimo anime,chiaramente ispirato a quest'opera.
Da evitare ,a quanto pare ,la versione restaurata da Giorgio Moroder con l'inserimento di pezzi pop/rock da lui stesso composti,molto meglio godersi la versione originale musicata da Gottfried Huppertz.