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METROPOLIS (1927) regia di Fritz Lang

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amterme63     9 / 10  01/05/2006 15:10:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vedere questo film mi ha fatto la stessa impressione della visita ad una grande opera d’arte in un museo. Un documento tipico della sua epoca ma che contiene tanti temi ancora attuali.
Il film si volge interamente in un’atmosfera cupa con pochi sorrisi, poche scene di serenità. Ambientato in luoghi chiusi, senza mai un raggio di sole o una scena nella natura.
Si comincia subito presentando ‘Metropolis’, la città del futuro, guarda caso proprio l’epoca in cui viviamo. Un ammasso caotico di costruzioni altissime, di forme strane, con viadotti e arei, senza un giardino o un albero. Un enorme quartiere dormitorio che sorge intorno ad un gigantesco orologio, ospita una classe sociale destinata solo a lavorare nelle macchine nel sottosuolo. Gente ridotta quasi ad automi, tutti uguali, spossati dalla fatica e dall’insensatezza di quello che fanno. Fritz Lang ne fa una massa informe, abbrutita, che segue istinti animaleschi senza riflettere su quello che fa, alla mercé di qualsiasi facinoroso che può approfittare della loro ignoranza. Sopra abita invece gente fatua dedita ai ‘vizi’ (il film ha un forte aspetto religioso), vuota e senza valori (“andiamo a vedere la rovina del mondo”). Da questo aspetto schematico escono 5 personaggi anche loro però più ‘tipi’ che persone. La protagonista Maria che proviene dalla plebe, è dotata di umanità e molta religiosità (Lang la rappresenta in scene che sembrano uscite dai quadri religiosi), con il suo carisma cerca di portare la plebe sulla strada della conciliazione e della mediazione (con molta fatica). Viene assecondata dal figlio del padrone, un tipo sentimentale, dal carattere debole che sconfina nel misticismo. Un personaggio notevole è lo scienziato. Qualcosa di quasi demoniaco (con gli occhi neri come Nosferatu), amorale e senza scrupoli. Non importa cosa facciano le sue invenzioni, gli basta inventare. E’ lui che crea un automa ‘che lavora sempre e non sbaglia mai e può sostituire gli operai’ (una fantasia poi avveratasi). La sua morte segna la liberazione dal ‘male’. Lang sembra raccomandare di fare a meno di gente del genere. Il padrone di Metropolis è accecato dalla sua creazione, non ha altro per la testa. Il sistema con le sue regole schiaccia i suoi sentimenti di ‘padre’, sia materiale che morale (gli operai dovrebbero essere come figli). Infine fra gli operai si differenzia il custode della centrale elettrica, l’unico che possiede intelligenza e consapevolezza. Lui insieme al padrone appare nella scena finale della famosissima ‘stretta di mano’ simbolica. Il messaggio del film è proprio questo: la distruzione reciproca, il conflitto non porta vantaggio a nessuno. L’unico mezzo per risolvere le controversie è la trattativa, la conciliazione. Un messaggio universale, visto che ancora oggi abbiamo questo problema (stretta di mano fra Rabin e Arafat). Una soluzione però molto molto difficile, come la storia ci dimostra. Non basta il cuore a far tacere gli interessi di parte.