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PAZ! regia di Renato De Maria

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  27/09/2006 22:12:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Come il 68" ma con la Calibro 38"

Beh a dire il vero l'ottima operazione di De Maria, oltre ad essere fedelissima al bellissimo libro di Pazienza ("le straordinarie avventure di Penthotal") e quindi felice connubio tra cinema e fumetto privo di artifizi tecnici rivela una squisita rilettura del climax del 77" che fa pensare all'altrettanto epocale "Boccalone" di Enrico Palandri.
E comunque di fronte a Pazienza il regista segue la fonte dell'arte di Pazienza, mosso dai codici della contemporaneità che viveva attorno a lui.
In questo senso è un recupero mirato piu' all'abilità narrativa e visionaria del testo che alla personalità eccentrica e provocatoria del compianto fumettista.

E' un errore aver distorto un anno di rivelazione e lacerazione e il movimento studentesco dell'epoca in primis. Pertanto il limite di questo film è anche il suo maggior pregio, paradossalmente: quel bisogno di catalizzarsi ad ogni costo fa dei personaggi di Pazienza icone che influenzano un momento storico decisivo e doloroso della nostra epoca, attraverso le loro (spicciole) ragioni di vita.
E' così per Penthotal, Zanardi, Enrico Fiabeschi, il Colas, Petrilli, etc. figure indimenticabili per chi le ha conosciute attraverso quei fumetti, ma che se asservite alla funzione dello spaccato sociale-temporale (liberazione sessuale e marijuana di una certa identità politica) fungono da alibi senza che l'autore del film possa cogliere gli aspetti meno effimeri della sottocultura.

Eppure... eppure è meraviglioso contagiarsi dall'urlo di "Pentothaaaal" a decenni dall'altrettanto inequivocabile "ecce bombooo" Morettiano.

Il film, insomma, piace comunque perchè non scende nel delirio dell'onnipotenza, perchè non ha un sapore-feticcio-nostalgico à la grande Blek, perchè è individualista, per il rispetto verso Pazienza e le sue "matite" quando colgono realtà e fantasia, nonsense e finalizzazione creativa.
Piace per quel Penthotal indipendente a ogni forma di lotta e doveri, quasi come i personaggi napoletani del primissimo Troisi, e quel Zanardi vagamente trentreznoriano (conoscete i Nine Inch Nails?) beffardo nella sua cattiveria (immenso Flavio Pistilli).
La stessa scelta della colonna sonora sembra collocarsi in certi parametri di divisione (dissociativismo) tipico del modo di osservare Bologna (gli Skiantos protopunk di "eptadone", i Gaznevada etc.).

E se il punto di riferimento è anche Moretti, non è lecito assistere alla chiusura di un cerchio, ma nemmeno al futuro, se è per questo.

Tra outsiders di lusso (Rosalinda Celentano, Gino Castaldi, Ricky Memphis) e altri piu' in sintonia con quello spirito (Freak Antoni, Bifo, Infascelli, Lindo Ferretti) il film è quel che resta, un piccolo grande cult italiano.

Non abbastanza Pazienza pero' per non consigliare prima di tutto i suoi fantastici fumetti: l'uomo che disse "fai l'artista te ne freghi ma in realtà è la gente che se ne frega" che aveva qualcosa di eroico anche nella rievocazione del passato (il SUO medioevo è la modernità).
Rivelazione e lacerazione di chi ha colto la vanità e l'inutilità della lotta prima di scendere nel buio, definitivamente
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  27/09/2006 22:14:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ah dimenticavo, Santamaria è praticamente perfetto, anche fisicamente... da allora sono diventato un suo fan