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IL SEGNO DELLA LEGGE regia di Anthony Mann

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stratoZ     7½ / 10  11/09/2023 18:07:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Concluso l'iconico filotto di western con James Stewart il nostro caro Anthony Mann non ha di certo finito le cartucce a sua disposizione - in realtà ancora per diversi anni ci regalerà altri film di genere di buon livello - e sforna due anni dopo "The tin star" un western ancora improntato sullo stile classico ma che accenna a delle tinte revisioniste non nuove per il genere nell'insieme ma nuove per la filmografia dello stesso Mann.

Con due grandi protagonisti a disposizione, un Fonda maturo, come il personaggio stesso del film, e un Perkins più acerbo ma estremamente calzante nel suo ruolo, Mann approfondisce ancora di più le tematiche già trattate nei suoi western e ne introduce accenni di nuove, probabilmente stava sentendo i primi venti del nuovo cinema arrivare. Ma andiamo con calma.

Prima di tutto penso l'opera in questione tratti un forte dualismo tra quella che è la legge nel far west. Se lo sceriffo interpretato da Perkins e anche il cacciatore di taglie interpretato da Fonda rappresentano quella parte della legge intesa come una giustizia di testa, ragionata, democratica e capace di dare la possibilità di far avere un processo equo ai criminali in questione, il resto della città rappresenta quella giustizia di pancia basata sulla volontà popolare e sulla percezione e mistificazione delle informazioni, sui processi sommari e le esecuzioni facili dettate dalla rabbia e dai momenti a caldo che vivono i cittadini .
La tematica in questione automaticamente rimette in gioco le tematiche di bene e male, questa volta più miscelate che mai. Al riguardo è interessante approfondire il personaggio di Fonda, cacciatore di taglie ed ex sceriffo che ha perso la moglie e il figlioletto, maturo e disilluso, inizialmente attaccato solo ai soldi della taglia poi pian piano il suo cuore si intenerirà diventando l'amico/mentore dello sceriffo in erba e anche una figura di padre e marito. Ma la cosa più interessante è come è visto dalla cittadina, appena arrivato, visto secondo gli stereotipi del cacciatore di taglie come un cattivo - quando teoricamente ha fatto fuori altri cattivi, sarebbe buono quindi? - con mezza città che vuole mettergli i bastoni fra le ruote.

E a proposito di personaggi poco stereotipati, lo sceriffo meno macchiettistico del west sta proprio in questo film, un personaggio cucito praticamente su Perkins, giovane sceriffo in erba timido e insicuro, poco consapevole delle proprie capacità e costantemente sotto le pressioni di un lavoro che lo schiaccia e delle persone più vicine a lui che lo esortano a mollare il lavoro da sceriffo perché preoccupati per la sua vita. La crescita del personaggio avviene grazie al sentito rapporto con Fonda che lo guiderà gradualmente sia nella tecnica sia nella mentalità da sceriffo saggio e parsimonioso nelle decisioni, nel western stava avvenendo un processo di intenerimento dei caratteri, un progressivo allontanamento dal macho tipico con cui erano mostrati questi personaggi, in realtà Mann aveva già iniziato qualche anno prima con le voglie di rivalsa di James Stewart.

Infine vi è anche un'apertura verso gli indiani, qui appena accennati da qualche battuta in cui vengono messi in discussione e dal fatto che il padre del piccolo Kip era probabilmente indiano.

Mann dirige l'ennesimo western molto interessante della sua carriera, non vi sono particolari picchi registici ne una spettacolarità eccessiva, è più un western antropologico basato su azioni e reazioni dei caratteri, l'azione è limitata anche se qualche sequenza niente male ce la regala, basti pensare alla cattura dei fratelli McGaffey. una grande dimostrazione della vittoria dell'ingegno sulla forza, un po' come tutto il film vorrebbe significare.