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DARK TALES OF JAPAN regia di Norio Tsuruta, Takashi Shimizu, Kôji Shiraishi, Yoshihiro Nakamura, Masayuki Ochiai

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Godbluff2     6½ / 10  08/06/2022 13:11:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Film horror giapponese ad episodi, ognuno dei quali diretto da un regista diverso, quasi tutti nomi ovviamente di habitué del genere. Il film è realizzato solo per il circuito televisivo, i mezzi sono poveri e si vede, tuttavia subisco sempre il fascino dei cortometraggi horror (così come dei racconti brevi in letteratura) e delle raccolte antologiche come questa; questi cinque racconti brevi dell'orrore nipponico, per le atmosfere evocate tra tradizioni folkloristiche, credenze popolari, bizzarria assurda e leggende metropolitane, mi hanno divertito, nel complesso. Il film non riesce a spaventare nemmeno per sbaglio, ma alcuni episodi sono azzeccati nell'atmosfera e con idee molto carine.
Alla fin fine le parti migliori del film le individuo nella "cornice", nel secondo racconto, nel quarto e nell'ultimo.
La cornice, ambientata su un autobus notturno, con l'azzeccata e inquietante signora che vuole far ascoltare a tutti i costi delle storie del terrore allo sventurato autista e ai rari passeggeri, funge da prologo, raccordo centrale ed epilogo del film, e la donna è di fatto la narratrice delle storie, raccontate direttamente allo spettatore, al quale si rivolge infrangendo la quarta parete come tutti i bravi anfitrioni dei film horror ad episodi. Carinissima la sezione centrale della cornice.
Ha proprio una bella atmosfera, riuscitissima nell'ambito del "adesso raccontiamoci qualche storia dell'orrore".
Il secondo racconto, "Crevices" ovvero "Fessure", è diretto da Norio Tsuruta, il regista dell'abbastanza tragicomico "Ring 0"; Tsuruta è uno capace di girare tanto alcuni film anche molto carini (pochi, a dire il vero) quanto cacàte di inestimabile bruttezza, tuttavia ai tempi di questo film era già molto avvezzo ai film ad episodi, avendo girato da solo, nei primi anni '90, la trilogia antologica di "Scary True Stories"; evidentemente a suo agio con questa forma di racconto dell'orrore, il suo "Fessure" mi è parso uno degli episodi meglio riusciti, un racconto breve teso e angosciante il giusto, abbastanza inquietante e certo, ultra-citazionista, quasi un gioco del "trova la citazione" tra il regista e lo spettatore, tuttavia funziona e scorre una meraviglia. Molto irritante la risatina dello spettro di turno, farebbe venire l'isteria all'uomo più calmo del mondo. Poca fantasia, ma è dopo l'ultimo racconto quello più godibile.
Il quarto, una breve scheggia di Takashi Shimizu, è quello più divertente.
Shimizu, 2004, auto-remake del suo "Ju-On" ad Hollywood con Sarah Michelle Gellar e allora Shimizu tira fuori una storiella molto auto-ironica e autobiografica, in cui scherza tanto sull'abitudine americana di produrre continuamente remake del cinema giapponese quanto sulla fascinazione dei giapponesi verso i modelli hollywoodiani (un auto-bacchettata sulle mani, probabilmente). Insomma, se proprio doveva fare, in quei giorni lì, un remake (orribile, è giusto ribadirlo) del suo film migliore, per Hollywood, allora in questo corto Shimizu si diverte a render pan per focaccia, scanzonatamente, trasfigurando l'ambientazione e i modelli tipici di Hollywood (le splendide bionde, la Gellar appunto ma volendo anche Watts in "The Ring") nello stile tipico dell'horror giapponese, con tanto di onryo ju-oniano ma in versione biondona californiana. Una scemata ma carinissima.
Il quinto racconto è quello più carino, affascinante e con l'idea migliore. Diretto da Masayuki Ochiai, che con questo raccontino realizza secondo me una delle migliori cose della sua carriera (nella quale spiccano, in negativo, terzo e quarto capitolo della saga di "Ju-On" più vari altri titoli non molto riusciti come "Infection", anche lui del 2004 e infatti citato in questo cortometraggio o "Parasite Eve").
Tutta la sequenza nell'ascensore, che è il nucleo principale del corto, è davvero riuscita, profuma di affascinante ghost-story, crea davvero la giusta atmosfera di tensione e ci aggiunge anche un retrogusto delicato, che prosegue coerentemente nella successiva e finale sequenza. Un bel racconto breve horror, proprio carina l'idea


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Il racconto di Koji Shiraishi (il piccolo classico di genere "Noroi" ma anche l'aborto demenziale che è "Sadako vs. Kayako", insomma un altro quantomeno altalenante anche lui) è il terzo ed è quello nel quale si respira maggiormente l'aria da tradizione folkloristica e vecchie superstizioni popolari. Prevedibile e poco affascinante, anche se è carina l'idea di legare alla parte "tradizionale" un fenomeno ben più terreno come quello dello stalking. Si ricorda soprattutto per l'effetto grottesco e indubbiamente memorabile del testone gigante demoniaco, un effetto azzeccato devo dire, anche considerando lo scarsissimo budget.
Il primo racconto è decisamente quello che mi è piaciuto di meno, diretto da Yoshihiro Nakamura, che dei cinque registi è quello che abbandonerà ben presto l'horror per darsi principalmente alla commedia.
Il racconto della donna ragno nelle premesse poteva essere uno dei miei preferiti perché basato su leggende metropolitane e storie da passaparola (e su queste cose sono come Dylan Dog con gli alieni, "non ci credo ma un po' ci spero"). Lo sviluppo del racconto è carino, eppure arrivati alla svolta finale ho finito per trovarlo privo di mordente, atmosfera e capacità di inquietare; la mazzata finale gliela danno gli effetti speciali, inguardabili, assolutamente inguardabili. La cosa non è perdonabile per via degli scarsi mezzi economici a disposizione anzi l'aver voluto insistere nel mostrare, con simili effetti per di più, così nettamente la creatura è un grosso passo falso, a maggior ragione il regista avrebbe potuto puntare sul non visto e sul fascino misterioso e irrisolto da leggenda metropolitana, cosa che nelle prime fasi del racconto stava funzionando bene.
Nakamura fa molto meglio nella cornice, diretta da lui.
La povertà della messa in scena, e tutto sommato delle regie molto statiche e basilari, oltre che un primo racconto che alla fine mi ha lasciato molto deluso (per non dire che mi ha proprio fatto cacàre) sono compensate dalla mia fascinazione per i film horror antologici e da almeno tre racconti su cinque molto carini nel loro piccolo, soprattutto quello di Ochiai.
Nel complesso, una discreta raccolta di storielle horror giapponesi.