Febrisio 8 / 10 25/06/2011 13:41:08 » Rispondi Mettiamo il caso di non conoscere Robin Hood. E se un film vi facesse vivere la leggenda di Robin Hood senza dirvi chiaramente “questa è la leggenda di ...” ma ve la facessero vivere in prima persona inserendo le credenze del tempo???
Un gruzzolo di pagani, uno di vichinghi cristiani, una terra selvaggia, il bambino e One eye (orrendo questo nome, mezzo punto in meno!): è Valhalla Rising. Il film sembra non offrire qualcosa di nuovo. Grazie al regista Refn ciò a cui assisteremo sarà una mini novità. C’è un avvolgente silenzio. C’è la robustezza della nebbia. C’è il ritmo d’immagine. C’è la composizione della fotografia, più che i colori a volte troppo contrastati e tirati specialmente a cielo aperto. La forza del film sta nel non seguire nessun stereotipo, creandone anche di nuovi. Riesce a ricreare e a dedicarsi pienamente alla sua atmosfera, come fosse, per nostra fortuna, una boccata d’aria fresca.
La storia di Valhalla Rising è indefinita; non ha esattamente un inizio, e in verità non ha nemmeno una fine. Non riuscendo nemmeno ad identificare un preciso luogo e tempo, è qualcosa che vive come fosse una leggenda. Le visioni di One Eye spesso statiche come quasi fossero “quadri del destino” danno un senso inquitante e mistico. La rappresentazione essenziale, come la sua efferrata violenza, non scade in piccoli dettagli variando la struttura:
- Il gruppo sta insieme per un aggettivo importante che non è l’amicizia come spesso vediamo: la propria sopravvivenza
- Uno del gruppo vien di sorpreso colpito da un freccia su di una barca. Eppure il “nemico” rimane nascosto a tutti loro, ma anche allo spettatore. Piccolo dettaglio, che però è un buon esempio di come il film sia dotato di una buona dose di empatia della situazione verso lo spettatore. Oltre che diventare più intrigante, è reale. L’ho apprezzato con un “ci voleva molto a rappresentarlo??”
- Mette lo spettatore allo stesso livello dei protagonisti per la facilità di smarrirsi. Ponendo il problema come secondario come fosse naturale a quei tempi. E lo era.
- In ultimo, già visto in altri film come ricordo in Agorà, come le persone fossero facilmente propense a colmare la propria ignoranza con insensate credenze, pur di credere in qualcosa.
Il possente, ma non scolpito, sporco e tatuato protagonista è un gran bel vedere. Quell’unico occhio è più che sufficiente per imporre il disagio. L’accoppiata col bambino è meravigliosa. Una complicità, demoniaca o angelica, legata dal silenzio.
Valhalla Rising sembra un poco fine a se stesso, ma riesce a comunicare, quasi come One Eye, in un altro modo. Più che ascoltarlo, bisogna capire il modo per farlo. Non sembra voler dare risposte o morali, pur essendo molto simbolico. Non trovo che ci sia bisogno di darne un senso compiuto. Non piacerà a chi possiede il bisogno della compostezza di un lavoro “falsamente completo”, come se fosse un compitino universatario da far compiacere al professore per la sua rigidità didascalica. Fa vivere, soprattutto gustare, un esperienza leggendaria e soggettiva, anche parecchio stilistica, per un’oretta e mezza. Penso questo sia il suo grande pregio a cui va il mio apprezzamento.
Diciamocelo, dopo anche Bronson e la trilogia di Pusher, Nicolas Windin Refn è pronto a ricevere i fondi finanziari necessari per creare il suo capolavoro.