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L'UOMO NERO regia di Sergio Rubini

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  25/02/2010 14:16:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Far pace con il passato a volte è impossibile,troppi rancori e dolori trascinati per anni,situazioni che evolvono lasciando un retrogusto amaro e la fuorviante certezza di non desiderare più una risoluzione catartica.
Rubini torna nella sua amata Puglia per raccontare una storia che regala in abbondanza colori e suggestioni del meridione italiano,tratteggiando all'interno di esso un mondo provinciale dove ,il capostazione Ernesto Rossetti,pittore mancato, vive la sua ossessionante frustrazione artistica senza dar peso ai bisogni affettivi dei propri famigliari.A farne le spese la comprensiva moglie e soprattutto il piccolo Gabriele,perseguitato da strane apparizioni e da presenze inquietanti.
Denso di significati e allegorie "L'uomo nero" è un film che con leggerezza parla della difficoltà di comprensione reciproca tra genitori e figli,della triste consapevolezza di un'accettazione tardiva,qui poeticamente risolta in un commovente finale,nella realtà quotidiana un ricettacolo di rimorsi che perdurano con remote possibilità di assoluzione.Rubini illustra l'arroganza di uomini che dall'alto della loro (presunta) cultura sbeffeggiano chiunque con amore e sacrificio tenti di emergere dalla massa o semplicemente ambisca ad ottenere una giusta e piccola gratificazione.
Il film non è scevro da imperfezioni, ma rifugge la retorica a buon mercato e nel finale rende splendente una verità che eleva il protagonista ben oltre la meschinità di uomo concentrato su una riproduzione di un'opera di Cézanne, anziché sui suoi doveri paterni,ribaltandone a sorpresa la percezione pur non celandone limiti e mancanze di genitore.La futilità del gesto reiterato è solo apparenza,dietro all' obiettivo pittorico è camuffato il significato di una vita,il capostazione strepita ed urla il suo bisogno di avere quel posto nel mondo tanto agognato e sottrattogli da un fato che l'ha indirizzato altrove.A differenza di tante altre pellicole italiane, dove i ben noti isterismi portano al nulla o al solito finale accomodante,Rubini libera sentimenti umili e nobili, rendendoli vivi e quasi palpabili,capaci di donare sostanza ad un film sentito,viscerale,forse anche un poco autobiografico e gradevolissimo in una chiusura rasserenante e per nulla ruffiana.