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CAPITALISM: A LOVE STORY regia di Michael Moore

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Terry Malloy     8 / 10  23/09/2013 13:19:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sarebbe un 7,5 ma l'8 è di stima per un uomo e un giornalista che mi è sempre sembrato onesto, appassionato e spinto da motivazioni etiche e personali che dovrebbero ispirare le condotte di tutti i cittadini, e soprattutto di quelle dei giornalisti.
Che Moore abbia ormai consolidato uno stile tra i più personali e ispiranti del documentario contemporaneo (e non solo) è risaputo: la sua tecnica di montaggio è un marchio di successo che sarebbe sbagliatissimo abbandonare. E non si può tacciare Moore come un manierista di se stesso, perché sarebbe quanto a dire che sia un esteta del reportage di denuncia. Lo stile funziona, la protesta funziona. Come tutti, preferisco il Moore implacabile che documenta, intervista esperti, scassa le palle ai criminali del nuovo sistema postbellico. Ma ci sta, fa parte dello spirito americano più autentico, il mostrare la purezza dei sentimenti degli sconfitti, perché si rischierebbe un effetto di freddezza documentaristica che stonerebbe con ciò che Moore vuole mostrare di essere: non solo un giornalista esperto, ma soprattutto una persona, un cittadino. Non un professionista della denuncia, ma un indignado, un uomo in prima linea per e contro altri uomini. Se non mostriamo i buoni sentimenti, quelli veri e reali, allora siamo inumani come Loro. E inoltre, mi permetto di dire, se nei documentari di Michael Moore è giusto mostrare le atrocità del Sistema, è giusto anche lasciare un po' di spazio a quelle persone che il Sistema lo subiscono ogni giorno. Perché solo i potenti devono avere l'esclusiva? Che possiamo ricordarci di tutti, questa volta la retorica la vince.