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CAPITALISM: A LOVE STORY regia di Michael Moore

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6½ / 10  07/09/2009 18:45:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non stravedo per Micheal Moore, ma devo ammettere che è davvero persuasivo: ti fa il santino di Roosevelt (l'uomo che ha mandato gli States iguerra o no?), ti strazia le p... con la moralina del Gesù capitalista (mettendo nientemeno che l'atroce Messia di Zeffirelli in qualche immagina), elargisce patemi (patriottici e tradizionalisti) su Capitalismo e fede, descrive l'economia con una certa superficialità, eppure arriva a tutti.
Riesce a cavalcare l'onda delle ferite profonde dell'America, sfruttandolo in un messaggio popolare che ha indubbiamente una sua efficacia: per questo i soliti volti immortalati nella loro soffocata ingiustizia o lo sfotto' di Moore stesso alle banche (esilarante quando decide di "arrestare un sistema" munito di nastro isolante) passano in secondo piano davanti al messaggio che porta, all'immagine di un paese degradato nelle sue contraddizioni: il momento migliore è la riscossa "socialista" di un gruppo di operai che protestano giustamente per la liquidazione (un momento topico, ma anche l'emblema di un paese che reclama giustizia con i mezzi che nessuno avrebbe potuto immaginare prima).
Il sogno Rooseveltiano resta idealizzato, mentre Moore è esattamente come si racconta ("non posso vivere in un paese così, per questo ci resto").
Insomma, continuo a guardare lo stupore fuori tempo massimo di Moore e non ci trovo il mio: era già tutto scritto (previsto)