caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

MOON regia di Duncan Jones

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     9 / 10  29/01/2010 00:57:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'"anti-Avatar" per eccellenza prova a competere col blockbuster di tutti tempi: l'esito (economico) è scontato ma almeno a noi spettatori viene data la possibilità di poter scegliere se riempire gli occhi svuotando la mente o se riempire entrambi. Sì, perché l'ottimo esordio registico del figlio di David Bowie ci restituisce una fantascienza "classica", se volete "rétro", che sembrava irrimediabilmente estinta con Kubrick o Tarkowskij: quella fantascienza che usa la Luna per parlare della Terra, che usa la fantasia per parlare della realtà, che anticipa con l'approssimazione della visione un più che possibile domani. E ci dimostra come in ambito artistico spesso le migliori idee nascono con i bassi budget piuttosto che con i faraonici finanziamenti.
I modernissimi temi della (gestione della) solitudine, del rapporto con le macchine, dello sfruttamento della manodopera (interessante, dopo la caduta del Comunismo, no?), dell'etica del capitale e, soprattutto, della clonazione con tanto di rimando all'antichissimo tema del doppio, vengono sviscerati senza pietà da uno script fantasioso e avvincente che tiene incollati alla poltroncina nel suo complicarsi e nel suo progressivo corrompersi fino a raggiungere l'orrore del disfacimento fisico e la (mancata) catarsi di un finale tragicamente ironico che ovviamente non rivelerò.
Sam Rockwell prima si sdoppia e poi si fa in tre (o due e mezzo, se preferite...) in una performance attoriale difficilmente dimenticabile nella quale Duncan Jones mette del suo suggerendo gesti e scatti inaspettati ma tremendamente efficaci dal punto di vista emotivo.
Deliziosi gli effetti speciali "minimalisti" (a cominciare dai titoli di testa, davvero notevoli) e i modellini che avranno rimandato molti di noi a quello "Spazio 1999" che veniva anch'esso dall'Inghilterra... naturalmente in una versione ben più sofisticata e perfezionata.
Ma la vera inquietudine del film, oltre che dall'incedere implacabile della trama, è instillata efficacissimamente dalla splendida colonna sonora: pochi accordi in ossessivo crescendo su un pianoforte, qualche suono sintetizzato e la magia è fatta... A chi non risuonava rimbombando nella testa il motivo portante del film nei titoli di coda? Chi non se l'è portato a casa come frutto velenoso della tensione che genera e che accompagna tutta la pellicola?
Infine una parola per il computer di bordo, il simpatico e inquietante Gerty che con i suoi smiley connota ogni frase: degnissimo figlio dell'HAL9000 di kubrickiana memoria, è tanto sofisticato da sembrare umano. Troppo umano da non sembrare uno di noi. O uno di quei cloni creati per fini commerciali che ci sembreranno solo "immigrati clandestini".
Aspettiamo Duncan Jones al varco della sua seconda opera: lì capiremo se siamo di fronte a un altro piccolo genio del cinema inglese o se tutto il suo talento si sarà esaurito in quest'ottimo esordio. Non perdetelo al cinema.
oh dae-soo  06/07/2010 16:27:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Luca, come va? Visto ieri, straordinario. Oggi, dopo aver messo il mio, mi sono messo a leggere tutti i commenti e ho trovato il tuo quello più giusto e ben fatto. Ci sentiamo presto!


Sul fronte Zampa sporadici messaggini. Mi ha comunicato l'uscita noleggio di Shadow ad Halloween. Ma poi ti aveva scritto?
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  13/07/2010 09:53:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"El Zampa" non mi ha riscritto, ahimé... Anche il tuo commento è bellissimo e l'ho adottato come mio preferito! La metafora tennistica m'ha fatto impazzire!!
oh dae-soo  13/07/2010 10:31:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No, vabbeh, lì giocavo in "casa". Prima di fare il videotecaro ero istruttore di tennis. Forse il motivo per cui ho smesso è proprio questo, l'evoluzione del tennis al "colpisci tutto forte" a discapito della tecnica. E ragazzini che parlavano di materiali e tensioni delle corde anzichè di tempi e movimenti. Sì, è vero, la metafora è azzeccata, ha molto a che fare con una mente troppo proiettata al futuro e alla bellezza (puramente "fisica") della tecnologia a discapito di una perdita di tecnica base e romanticismo.