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OCCHI SENZA VOLTO regia di Georges Franju

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Ciumi     8 / 10  14/04/2010 18:11:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Orrore come inquietudine, non come spavento. Un orrore che sappia, attraverso la suggestione degli ambienti visibili, proiettare stanze oscurate, indefinite e assorte; che sappia, mediante il racconto psicologico di personaggi imprigionati in situazioni quasi irreali, manifestarsi patologico, esteriore come interiore, sofferente e sfigurato nel volto come nella mente - e che confessi in sé, nel suo assiduo soffermarsi e riflettersi sopra le cose, il profondo sconforto della depressione.
E’ un orrore tanto antico quanto raro, quello che Poe suggeriva un secolo prima nei suoi scritti meravigliosi, e che questo film un poco ricorda, a mio parere.

C’è in quella maschera tutta la fissità di una bellezza perduta, trascorsa, mortuaria e non più capace d’una viva espressione; e nel padre dottore - uomo la cui erudizione è infine impotenza, ed anzi rovina - quell’ossessione per la caducità e per la decadenza che spesso turbava i protagonisti di Poe nei suoi racconti, paralizzati davanti al fatale e all’eterno.
C’è la grande solitudine, il senso di colpa, l’amore morboso incatenato a una carogna, la fame di scienza, l’isolamento irredimibile e il terrore della bara.

Ma soprattutto, c’è un’immane follia; e nell’abbaiare di quei cani ingabbiati; e nel volo di colombe che ne celebreranno una malinconica liberazione.

Poi sì, il film propone anche i suoi argomenti, come quello dell’identità perduta; e troverà qualche anno dopo uno strano fratello, geograficamente lontanissimo ma curiosamente simile, in un film altrettanto interessante e sconosciuto: “Tanin no kao” di Teshigahara.