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LA NOTTE DI SAN LORENZO regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani

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amterme63     8½ / 10  11/03/2008 23:13:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si tratta di un bel film corale, con una fotografia molto bella e dove si cerca di far immedesimare lo spettatore nel pathos rattenuto e partecipato di un gruppo di persone semplici alle prese con la propria sopravvivenza. Forma “classica” e epicità della gente comune sono anche qui l’ossatura del film, come un po’ in tanti film dei fratelli Taviani.
E’ un film che vuole affermare l’etica del ricordo e dell’esempio. Già le scene di apertura e di chiusura, con i loro richiami poetici, forniscono il quadro in cui il ricordo assume il ruolo chiave (i passaggi generazionali e i cambiamenti storici a fronte della persistenza della natura, anche umana). E’ un omaggio anche ad un paese (San Miniato, il luogo in cui i registi sono nati) e soprattutto all’umanità semplice e solidale che ci abitava. Ed è proprio questa unione sociale e etica che rappresenta il punto fermo del film, la speranza in un’umanità migliore. Anche perché le forze distruttrici fanno il loro corso e risvegliano in tutti, anche nei “buoni”, la parte brutale e violenta dell’animo umana. Queste forze hanno un nome: fascisti. L’accusa è netta: sono loro che hanno avvelenato la società, loro che hanno ucciso per affermare il proprio potere. A questo punto gli altri non trovano altro mezzo per sopravvivere che pagare i fascisti con la loro stessa moneta. Il veleno versato scorre dappertutto, distruggendo i legami di conoscenza, vicinato, amicizia.
Anche la chiesa non ci fa bella figura. Nell’estate del ’44 tutti i cittadini di San Miniato furono chiamati dentro il Duomo, dove scoppiò una bomba provocando una strage. La verità non è mai stata appurata. Fatto sta che il vescovo si allontò poco prima dello scoppio, generando non pochi sospetti di complicità. Il vero “eroe” è invece un semplice cittadino, dotato però di determinazione e animo saldo per condurre i suoi verso la salvezza. E’ questa specie di ricerca della pace, della normalità che assume quasi i contorni epici dell’Odissea o i risvolti drammatici dell’Iliade: non a caso i riferimenti a Omero sono molteplici. Questo però non turba il senso di semplicità, spontaneità e naturalezza del gruppo di sfollati. Anzi lo rende ancora più “umano”. Le splendide riprese (eccezionale quella del campo di grano) fanno poi da ciliegina sulla torta.
Quello che forse non è integrato alla perfezione sono le storie sentimentali parallele. Alcune sono molto semplici, quasi schematiche o rappresentative, altre sono più complesse e “morbose”. Il tutto serve per far capire che nonostante l’emergenza “storica”, i sentimenti affettivi non sono certo annichiliti e continuano ad avere grande importanza. Altra cosa non perfetta è secondo me la recitazione dei personaggi. Non è sempre completamente naturale e spontanea, a volte si vede la “volontà” di essere agitati, ansiosi, frenetici. Questo però è naturale visto che è impossibile riprodurre fedelmente una situazione storica così drammatica, senza averla vissuta.