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INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO regia di Elio Petri

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Spotify     7½ / 10  23/12/2016 01:52:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Film manifesto di Petri sul potere e sulla giustizia. Un'opera potente, intensa, che ancora oggi sa essere decisamente attuale, riuscendo a trasmettere con efficacia il proprio messaggio. La pellicola è uscita in un periodo dove il nostro paese era vittima di una forte fibrillazione sociale, tra guerriglie urbane condotte da gruppi di sinistra e di destra, e poliziotti che spesso agivano fuori dagli schemi convenzionali, proprio come il protagonista di questa vicenda. Tra i vari, un forte merito che riconosco a Petri, è quello di essere riuscito ad amalgamare così bene sia la parte della trama che inerisce al giallo, sia quella avente come nocciolo centrale le varie rivolte collettive a carattere politico che imperversavano durante quegli anni. Perché ci tengo a sottolineare questo? Perché quando lessi di cosa parlava il film, pensai che il regista si sarebbe concentrato esclusivamente sull'aspetto riguardante la vicenda personale del personaggio principale, senza fare un minimo di riferimento ad altri temi, come appunto quello dei giovani anarchici di estrema destra o sinistra che agivano in nome dei loro ideali.
La storia è ambientata a Roma e parla di un poliziotto prossimo a diventare capo della sezione politica della questura. Quest'uomo intrattiene una relazione al limite del sadomasochismo con Augusta Terzi. Un giorno il poliziotto uccide la donna ma, invece di occultare le prove, le rende evidenti agli occhi dei suoi stessi colleghi, al fine di provare la sua insospettabilità in base al ruolo che riveste.
Senza dubbio siamo di fronte ad una delle sceneggiature più originali e particolari che il cinema, almeno quello italiano, abbia mai visto. Praticamente è uno screenplay al contrario, dove l'assassino non solo già si conosce ma cerca anche di fornire quanti più indizi alle autorità. Grandissimi Elio Petri e Ugo Pirro, non tanto per ideato una cosa del genere, quanto per essere riusciti a scriverla in una modo naturale, ferreo e soprattutto credibile. Anche tutto il resto della sceneggiatura merita, c'è un impianto narrativo articolatissimo che si sviluppa tra situazioni al presente e flashback, senza mai diventare contorto, anzi, nonostante l'intrecciarsi di eventi passati e presenti, la narrazione resta sempre molto fluida. Poi abbiamo dei colpi di genio assoluti come la sequenza dell'acquisto delle cravatte, o la scena onirica finale. Trovate davvero brillanti ed ingegnose. Altro punto elaborato, è l'approfondimento descrittivo e psicologico delle varie circostanze che vedono protagonisti il poliziotto e Augusta Terzi. Petri e Pirro sono stati eccellenti nel trattare la vicenda riguardante questi due personaggi in maniera viscerale, concedendole il giusto spazio che meritava. Difatti, se la storia fosse stata incentrata solo sul post-omicidio, senza alcun riferimento al passato, avrebbe perso rapidamente interesse. Invece così facendo, si accresce la tensione per le sorti del "cittadino al di sopra di ogni sospetto". In mezzo a due temi centrali, la coppia di sceneggiatori è stata brava a conservare un po' di margine per immettere all'interno della trama, i problemi sociali e politici dell'italia degli anni 60/70, tematica che ripeto, in una storia così deve essere incastrata bene, con logicità, e così è stato. I colpi di scena sono intelligenti e sempre innovativi, a volte particolari e non facilmente comprensibili, sempre perché, conoscendo l'assassino, si può restare a volte spiazzati dalle scelte degli sceneggiatori. Il vero punto di forza del copione, però, sono i dialoghi, assolutamente meravigliosi, carichi di ironia e di condanna verso il potere e la politica. Non sono mai noiosi, ma sempre inediti, spesso eccentrici e sopra le righe.
Registicamente, Petri firma un lungometraggio che va contro diverse istituzioni dello stato, in particolare la polizia. Si può dire che il director gira un poliziesco fuori dagli schemi, dove è proprio il capo della polizia ad essere proposto in un'ottica criminale. Questi, da persona rispettabile qual è, si può permettere di fare tutto quello che vuole, abusando della propria facoltà, arrivando, quindi, anche a fare gesti sconsiderati. Una certa critica viene fatta anche nei confronti dei questori, che spesso e volentieri insabbiavano vicende che potevano nuocere al loro nome e a quello dell'intero corpo di polizia. Un altro elemento che viene messo in luce, è come le autorità avessero non poche difficoltà a tenere a bada i sovversivi e gli anarchici, tanto che questi ultimi, come si può chiaramente vedere in una scena, compivano continuamente attentanti alle sedi dei commissariati. Insomma, Petri, insomma, ci va giù pesante, accusando esplicitamente attraverso il prodotto cinematografico, e in modo poco convenzionale per quei tempi, le forze dell'ordine.
La riflessione più importante che però il regista fa, è senza dubbio quella sul potere. Questo "strumento", spesso, ci permette di agire come fa più comodo a noi, e più potere si ha, più azioni, anche non propriamente ragionevoli, si possono fare. Insomma, quando si ha il diritto, il comando, si è liberi di fare qualsiasi cosa. Adesso, prendiamo il caso del "dottore" che uccide l'amante, in questo caso il potere viene usato per scopi come l'omicidio, ed ecco che allora può rivelarsi un'arma a doppio taglio, perché se l'assassinio viene compiuto da un individuo come un poliziotto, abbiamo uno scontro tra il codice di giustizia che egli segue e il principio di onnipotenza dal quale è accecato, tanto da portare il soggetto a sperare di essere catturato. Viene quindi tradito dalla sua stessa egemonia. Quello che dunque ci vuole dire il director, è che usare la supremazia, la potestà, in tutto e per tutto, può essere un atto che ci si può ritorcere contro, a volte senza nemmeno rendersene conto.
Il tema è trattato sullo schermo in maniera impeccabile ed è strettamente collegato con la direzione e la caratterizzazione di Gian Maria Volontè. Petri crea un parallelismo tra il protagonista e il messaggio stesso che viene fornito allo spettatore. Si potrebbe dire che il director è riuscito a trasformare il proprio pensiero in una persona in carne e ossa. E per questo gli va fatto un enorme plauso, perché Volontè è diretto in una maniera straordinaria. Il personaggio interpretato dall'attore milanese, è ambiguo, psicologicamente contorto. Durante lo svolgersi della pellicola, questa figura, subisce una metamorfosi, in quanto passa dall'uomo presuntuoso che utilizza impropriamente il proprio potere, a quello in balia del desiderio di essere punito per il crimine che ha commesso, passando per il geloso e l'infantile. In questo cambiamento radicale, è racchiuso l'intero pensiero del regista, che ci mostra come man mano come il protagonista perda il controllo della propria autorità, anche a causa delle fragilità messe a nudo dalla propria partner. Nonostante poi, il protagonista sia così enigmatico, il regista riesce a dargli una credibilità solidissima, costruendo la sua psiche pezzo dopo pezzo, fino a dargli una forma che rispecchi completamente le sue meditazioni. Da sottolineare anche, come Petri non rinunci a rendere il poliziotto costantemente ironico, donandogli quel tocco di stravaganza che serve.
Il ritmo è buono, sostenuto da una narrazione che, pur non essendo incalzante, ha basi compatte e illustra perfettamente la parabola discendente del personaggio principale. A dar man forte poi, ci sono anche le varie scene che vedono in primo piano i gruppi ribelli in azione. Dialoghi sempre sopra le righe e donati di un aspetto grottesco a mio avviso geniale. Sono uno dei principali motivi per cui la pellicola si segue con interesse.
Tra le scelte tecniche del director, mi son piaciuti moltissimo i tanti primi piani su Volontè, come ad esempio quelli durante la conversazione tra lui e l'attore che recita l'idraulico. O ancora, c'è la tutta la sequenza onirica dell'epilogo che è girata magistralmente, con gran padronanza degli interni. In questa scena ho visto anche della velata ironia, penso proprio per il disordine mentale in cui si trova "il dottore". Ennesimo punto descritto in maniera eccelsa, è il rapporto malato tra Augusta Terzi e il poliziotto. Una relazione sadica, folle. Un vincolo che fa trasudare le debolezze del protagonista, il quale rivela il suo infantilismo e la sua immaturità, sotto ogni punto di vista. Petri ci mostra proprio come il poliziotto, persona che dovrebbe essere rispettata per principio, che rappresenta qualcuno, venga deriso, insultato, tradito dalla sua amante, la quale lo denigra per le sue scarse capacità sessuali. Ed è proprio qui che l'individuo mostra la sua impotenza e la sua puerilità di fronte alle accuse pesanti della donna e dunque di conseguenza, per vendicarsi, usa un un potere, quello di essere insospettabile, che non può contestargli nessuno. Il finale forse, è fin troppo aperto e lascia un po' spiazzati, ma è congegnale per il periodo in cui è stato prodotto il film.
Recitazione mostruosa di Volontè, l'interprete milanese dà vita ad una delle figure più sopra le righe che il cinema italiano abbia mai visto. La caratterizzazione del "dottore" è incredibile, luciferina, meschina. Un ruolo come quello del personaggio principale, non è affatto facile da interpretare, in quanto l'attore deve essere prima di tutto credibile e il compianto Gian Maria ci riesce in maniera impeccabile. Ad ogni scena riempie lo schermo, ruba sempre l'attenzione, non ha mai un calo di tensione ma si impegna quasi in maniera maniacale a mantenere quell'eccentricità che è tra gli attributi primari del suo ruolo. L'esplicazione dei dialoghi è spaziale, pronunciati sempre con una gran dose di ironia, è un piacere sentir parlare quest'interprete. Volontè non si capisce mai quando è serio e quando è sarcastico, difatti tiene sempre a mischiare queste due proprietà rendendo unica la sua performance. Espressioni magnetiche, a volte con una singola, descrive una sequenza intera, fantastico. Un altro plauso per la sua prova, va fatto alla brasiliana Florinda Bolkan, nei panni di Augusta Terzi.
La colonna sonora è ormai passata alla storia, l'ennesimo motivetto che ha fatto la gloria del nostro Ennio Morricone. Un tipo di musica azzeccata, oserei dire grottesca, in linea ideale col film.
Tra le note stonate, c'è una fotografia che magari non è proprio il massimo, troppo bianca, non ci sono quasi mai giochi di luce o quant'altro. Tuttavia, non si tratta di un danno gravissimo.

Conclusione: pellicola introspettiva, psicologica, un'analisi sull'autorità, sul diritto di fare e non fare dell'uomo. Petri mischia tutto, politica, filosofia, sociologia, antropologia in un unico grande calderone, per poi tirar fuori un'opera che racchiude tutte queste cose senza essere dispersiva. "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto", andrebbe fatto vedere nelle scuole in quanto è da considerarsi una profonda riflessione sulla mente dell'uomo. La trama non è easy, ma la pellicola è ottima.