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MELANCHOLIA regia di Lav Diaz

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Ciaby     10 / 10  01/07/2010 18:05:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La prima cosa che salta all'occhio quando si parla dei film di Lav Diaz è senza dubbio la durata. Il suo cinema è come un fiume in piena: mentre il primo periodo cinematografico del regista e chitarrista noise Lav Diaz era formato da film dalla durata umana (massimo due ore), dal 2004 in poi, Diaz ha distrutto ogni barriera proponendo storie eterne: l'epocale "Evolution Of A Filipino Family" arriva a 11 ore e passa, "Death In The Land Of Encantos" e "Heremias" viaggiano sulle nove ore, mentre "Melancholia" si protrae per le devastate Filippine per ben 7 ore e mezza.
Quello di Lav Diaz è un cinema che non ha paura di spaccare ogni stilema prefissato del cinema. Nell'opera di Lav Diaz non c'è alcun ritmo, spesso manca addirittura l'azione.
Le sue trame sono racconti struggenti di vite dolenti, che partono da piccoli spunti, storie talmente sottili da rischiare l'astrazione, che improvvisamente diventano un'epopea.

"Melancholia" è il grido di dolore di un'intera nazione in otto, splendide ore.
E' straordinario come Lav Diaz sia capace di mettere in piedi, con una telecamerina digitale e con un budget irrisorio, un film magnifico che fa della prolissità un pregio magnifico (!!!). Incredibile. Lav Diaz lascia che siano i personaggi a raccontare loro stessi, tant'è che la regia (fatta di inquadrature fisse a piano americano, rarissimi movimenti di macchina e un solo primo piano) non interviene mai nel mettere in luce particolari, mostra e basta. Non vuole spiegare.
La storia si costruisce in toni dilatati, lentamente, per poi sconvolgere nella strepitosa parte finale nel bosco (un'ora e mezza abbondante), dove i tre personaggi maschili scappano da soldati invisibili che li inseguono, in un silenzio agghiacciante ed eterno, che abbraccia anche lo spettatore.

E' la critica verso un paese agli sgoccioli. Finora in pochi erano riusciti a rendere talmente palpabile il dolore della propria popolazione attraverso il cinema. Dolore palpabilissimo anche nelle due scene più belle e straordinarie di questo film-fiume: il canto di una donne, sofferto e dolente, ma non privo di speranza.


"Melancholia" è un mondo sofferto e piangente, fatto di lettere d'amore strappate e gettate in un fiume, di una natura che sopprime i propri incauti visitatori, di cadaveri che riemergono dalla terra, di coincidenze (Alberta ricopre il ruolo della prostituta, quando la figlia adottiva di questa è davvero una prostituta), fragilità (la tragica conseguenza che ricade su Rina) e scambi di ruoli. Un film di otto ore che non può annoiare se lo spettatore è entrato nel feeling del film sin dai primi minuti, perchè la lentezza e l'eternità del film fanno in modo che lo spettatore stesso si annulli ed entri a pieno titolo nella proiezione, facendo parte appieno nelle vite di Alberta, Rina e Julian.
E poi c'è la pioggia battente, coprotagonista del film, che si abbatte sui personaggi e su ambienti desolati di campagna, case diroccate e povere, o semplicemente su una foresta fitta e indomabile.
I personaggi di Lav Diaz non vogliono far altro che sopravvivere e, magari, essere felice. Ma si può essere felici in un paese che, come dice Julian all'inizio del film "è un inferno"? Dove per sopravvivere bisogna essere tra i più turpi dei peccatori?
E' impossibile parlare di "Melancholia" come film. "Melancholia" è vita, vita che scorre come un fiume in piena eterno e silenziosissimo, ma violento come pochi.