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IL SORPASSO regia di Dino Risi

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Ciumi     9 / 10  27/08/2009 06:59:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per assistere al Sorpasso, quello del titolo, bisogna arrivare sino al finale: tragico, spietato, imprevisto. In verità, in questo classico di Risi, di sorpassi se ne sono visti altri, attraverso le strade deserte d’una Roma a Ferragosto quasi irreale, a bordo di quella Lancia Aurelia il cui clacson è divenuto una vera e propria colonna sonora.
Interpretabile inizialmente come il confronto di due personalità opposte - quella del timido e riflessivo studente universitario, Roberto (un bravissimo Trintignant molto giovane), e quella di Bruno (lo straripante Gassman) irruente e fanfarona - è, in verità, il racconto d’un uomo solo (Bruno), di quell’italiano nell’epoca del boom economico incapace d’elevarsi, guascone e fallito, vittima di un’alienazione (non quella antonionana, anzi Bruno dichiarerà d’aver fatto sopra “L’eclissi” una bella pennichella) che è quella dell’uomo immaturo di mezza età, frettoloso d’arrivare per primo, senza però aver chiaro dove.
Sarà l’invadenza di Bruno a turbare l’intimità dell’insicuro Roberto, a distoglierlo dagli studi e a trascinarlo a forza fuori dalla sua stanza (ottimo tra l’altro l’espediente di far commentare dalle riflessioni di Roberto le azioni del nuovo amico), giusto per avere un compagno al suo desolante Ferragosto. Lo porterà a zonzo per le periferie di Roma. Finirà per guastare con la sua sfrontatezza la visita ai parenti. Lo condurrà sin dentro la rovina della propria vita di padre e marito.
Finché, quando già tanti se ne sono visti, ecco finalmente il Sorpasso, l’ultimo. La commedia sprofonda nel dramma. Se Roberto n’è la vittima innocente (o solo colpevole della sua troppa remissività), Bruno finisce per divenire di monito a quell’Italia presa dalla frenesia di ripresa all’indomani delle miserie del dopoguerra. Una punizione, forse, sin troppo severa…