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OVUNQUE SEI regia di Michele Placido

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DylanDog     6 / 10  25/10/2004 11:27:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una variante a tinte indiscutibilmente decadenti del romando pirandelliano "Il fu mattia Pascal". Si pone marcatamente l'accento sulle tematiche concernenti il piacere proveniente sia dal'arte (le performance recitative di alcuni personaggi) sia dalla reminiscenza di un passato che normalmente non può tornare a meno che non si verifichi il pretesto (fatalità), l'imprevisto per cambiare; infine, il piacere perseguito con una semplice sbandata (sesso veloce e fine a se stesso, apetto quest'ultimo che attori e situazioni mettono continuamente in risalto). Il protagonista è intrappolato in un uno stato di cose al quale non può sottrarsi e ne sente fortemente il peso, poi cambierà tutto. Entrambi i coniugi nel film "muiono" per essere quasi forzatamente incanalati in due estremamente divergenti fasi intermedie fino alla completa rigenerazione, da cui la vera e propria rinascita dai toni tuttavia, a mio parere, non molto convincenti. Ciò discende principalmente dall'imperfezione dell'essere umano e dalla contamporana labilità dell'essere vivi, conseguenza che c'impedisce di compiere scelte degne d'essere definite stabili e a prova d'usura nel tempo. Il personaggio interpretato da Stefano Accorsi subisce una fase ricorsiva "aperta", che non esclude cioè il verificarsi, al di fuori del tempo tracciato sulla pellicola, di una nuova trasmutazione, e così via, indefinitamente. L'età non conta. S'insegue il piacere nello stesso modo in cui ce l'hanno insegnato Oscar Wilde nel suo celeberrimo "Ritratto di Dorian Gray", degno di essere cercato fino al punto di sacrificare il bene di qualcuno (il professore, la propria figlia), figlia che sostituirà la figura paterna con due patetici surrogati (amante+cane), anticamere surreali del nulla cosmico. La bambina, questa innocente creatura, riveste un ruolo niente affatto secondario: rappresenta la ricerca realtà nuda e cruda, il tentativo di fuoriuscire da un'illusione per approdare ad una visione pratica e semplificata dell'esistenza che ognuno di noi perpetra pur sapendolo già a priori segnato dall'insuccesso. E' la ricerca continua ed ininterrotta di una verità che ci sembra di tenere stretta ma che in realtà fugge dalle nostre mani, ci volta le spalle come il padre volta le spalle alla figlia che pur l'ha identificato. Chi crederà alla bambina quando questa riferirà quanto ha vista alla propria madre? Per forza di cose l'innocente creatura si convincerà che ciò che ha visto non può essere reale! La verità c'è, esiste, ma si confonde troppo bene nell'illusione per essere capita, "afferrata".
La lampadina si spegne per lasciare il posto ad un'altra che replichi la precedente in tutto e per tutto: stessi nel letto, i personaggi (lei pura, lui "riciclato") sono due statue decadenti (e non immortali come le statue marmoree la cui consistenza tentano di emulare); una luce bianca inonda il talamo simboleggiando la lampadina che si riaccende, il completamento di un neo-stadio larvale. L'inverno, la neve, il dolore insanabile ed incancellabile. L'oblìo. La realta che viene posta dinanzi ai nostri occhi come se fosse sogno. L'unica che non sogna di suo ma soltano per induzione da parte di terzi è la bimba.
Il mio voto è 6 perchè non condivido quasi nulla delle visioni prospettate nel film.
nino  26/10/2004 19:17:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma sei matto a sprecare tanto spazio per questa solenne boiata ?Leggi il mio commento, se vuoi (voto 1).
pilone  07/03/2005 20:24:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Più che de "il fu mattia pascal" (che non centra una fava) è la copia brutta e depriomente del sesto senso...