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COLLATERAL regia di Michael Mann

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olikarin     8½ / 10  20/11/2017 04:05:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Michael Mann, dopo Heat - La sfida, sforna un altro piccolo gioiello: un thriller metropolitano in cui la location privilegiata è, ancora una volta, Los Angeles. Punto forte della pellicola sta nel mostrarne il fascino notturno attraverso efficaci campi lunghi e lunghissimi, strade apparentemente interminabili e, nelle scene che vedono i due uomini all'interno dell'automobile, scorci dello skyline. Per quanto concerne lo stile e la fotografia c'è poco da dire: il regista attraverso i primi piani dei protagonisti, i dettagli di oggetti quali il telefono o i bicchieri e le inquadrature dal basso e dall'alto degli edifici, non solo ci delizia con la sua capacità tecnica ma è anche in grado di far percepire allo spettatore, in maniera delicata ma intensa, le sensazioni e le emozioni dei personaggi. Ottima interpretazione da parte di Jamie Foxx nel ruolo di Max, una spanna sopra Tom Cruise che interpreta Vincent, tutto sommato congeniale al ruolo. Non da meno Jada Pinkett ovvero Annie. La colonna sonora, coi suoi toni soavi, delicati ma incisivi, contribuisce a rendere suggestivo il film.

Il ritmo di "Collateral" è incalzante, perfettamente in grado di tenere col fiato sospeso. È la storia di due uomini, diametralmente opposti, che il destino fa incontrare. Max, in quanto tassista, aiuta Vincent a compiere il proprio <<mestiere>>. Sono complementari in un certo senso: Vincent ha ciò che manca a Max e viceversa. Potremmo descriverli in mille modi: il killer e il tassista, il bianco e il nero, sono le due facce della stessa medaglia, quanto Vincent è cinico, nichilista ed insensibile, tanto Max è gentile, sognatore e moralista. Sono diversi eppure una sola notte è sufficiente per renderli in qualche modo simili. <<Un giorno... un giorno il mio sogno si avvererà? Una notte ti sveglierai e scoprirai che non è mai successo. Si, ci hai girato intorno, non si è avverato e sei diventato vecchio. Non ha funzionato, ma tanto tu non lo avresti mandato in porto comunque. Lo spingerai nel ricordo e poi lo rimuoverai sdraiato sulla tua poltrona reclinabile, ipnotizzato dalla tv per il resto della vita>> sono le parole rivolte da Vincent a Max ma, sotto sotto, anche a noi spettatori.

Se c'è qualcosa che ha rilievo all'interno del film e che mi affascina in maniera singolare è lo spazio riservato al taxi e alla metropolitana, chiare metafore dell'interiorità dei protagonisti. Ma chi sono? Vincent appare come il personaggio negativo e Max come quello positivo, però bisogna considerare che il primo ha un ruolo senza dubbio rilevante nella misura in cui fa scoprire al secondo se stesso. Lo rende consapevole del fatto che tutta la sua vita non è altro che un enorme buco nell'acqua, un fallimento e un'insoddisfazione perenne, portandolo a prendere coscienza dei propri sogni e a cambiare la propria grigia monotonia. Vincent, al di là dell'apparente insensibilità, emerge in tutta la sua sofferenza che cerca di nascondere dietro la copertura di un incarico spietato. È indifferente rispetto alle vite umane, quasi fossero una uguale all'altra e non è in grado di valorizzarle: che le persone muoiano o vivano non fa differenza. La propria esistenza e quelle degli altri sono come rette parallele: non c'è possibilità che si incontrino poiché lui segue inevitabilmente il proprio destino in maniera fredda e perfida, incurante di ciò che lo circonda. Max, d'altro canto, riconosce il valore di ogni persona e non tollera l'azione di Vincent che lo definisce, sarcasticamente, "freudiano".

Vincent è incapace di cogliere la bellezza della vita (pur vivendola al massimo), Max la difende (sebbene non ne goda appieno). E, proprio sulla metropolitana, Vincent lascia la vita, Max finalmente la scopre. In base a una sorta di legge del contrappasso, il killer non fa una fine diversa da quella che ha riservato agli altri, da carnefice si fa vittima e, nel modo più triste: solo. "Ei Max, un uomo sale sulla metropolitana qui a LA e muore. Pensi che se ne accorgerà qualcuno?" L'esistenza di Vincent scorre via, anonima: si dilegua, vuota, come la metropolitana che scorre sui binari, silenziosa e invisibile nel cuore nella notte. Che cos'è , in fondo, se non un luogo affollato dove ci si ritrova comunque soli? Il taxi, per contro, rappresenta Max: viaggia continuamente, le persone salgono e scendono dalla sua auto dirette a destra e a manca, ma nessuna vi sosta, nessuno resta. Max si sposta, porta gli altri a destinazione ma non trova una meta: tutta la sua vita è pura dispersione fatta di obiettivi mancati. Michael Mann è geniale nello sfruttare la simbologia di due mezzi di trasporto che puntualmente si riempiono e si svuotano, per spiegare la psiche dei personaggi.

Il regista ci regala scene memorabili: basti pensare al coyote che attraversa la strada mentre i due sono in macchina, accompagnati dalla bellissima "Shadow on the sun" degli Audioslave, che torna in sottofondo in un altro momento; o quella all'interno della discoteca. L'inizio e la fine del film sono opposti se consideriamo la crescita e lo sviluppo dei personaggi. A cambiare la vita di Max sono due fattori: Vincent e Annie. Se, da un lato, la ragazza lo fa innamorare, dall'altro soltanto il coraggio che gli insegna Vincent lo salva. Anch'egli diventa carnefice, non per mestiere, non per godimento, non per cattiveria: piuttosto per vivere, per salvare la donna amata e se stesso. Non possiamo giustificarlo ma possiamo provare a comprenderlo, almeno in parte. In fondo, vuole bene a Vincent ma non può permettergli di decidere chi può vivere e chi no. I sentimenti per Annie sono determinanti perché spingono Max a tirare fuori gli attributi che aveva sempre tenuto nascosti, vincere le proprie paure e rischiare, vivendo pienamente.

Quando la pellicola sta per volgere al termine, tutto si fa angosciante e carico di tensione: le immagini scorrono via rapide sotto i nostri occhi, facendoci immedesimare in Vincent, Max ed Annie. Le porte della metropolitana si chiudono, quelle dell'ascensore convergono una verso l'altra, il volto di Vincent sta lì, inquietante, desideroso di portare a compimento il proprio lavoro. Una corsa contro il tempo, l'ansia, la paura, l'amore. E, poi, tutto si spegne inevitabilmente nella notte, senza che nessuno se ne accorga. Indimenticabile il finale: la sensazione di vuoto e solitudine è viscerale, riesce ad entrare nelle ossa e scavare nell'anima..