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SALO' O LE 120 GIORNATE DI SODOMA regia di Pier Paolo Pasolini

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amterme63     9½ / 10  04/10/2006 22:01:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E’ molto difficile dimenticare questo film dopo averlo visto. L’impressione di realismo e di possibilità che avvenga è troppo forte per essere preso per un semplice film fantastico come tanti classici dell’horror. Qui Pasolini supera se stesso nel raccontare lo spirito di un racconto che usa il sesso come metafora. Con Boccaccio, Chaucer e Le Mille e una notte ha tradotto con cura lo spirito ludico, di celebrazione dell’intelligenza e della bellezza fisica. Qui traduce lo spirito di Sade di supremo piacere nel dominio assoluto con l’intuizione geniale di collocare la vicenda in un periodo storico ben preciso, tra i più bui della storia mondiale. Ne viene fuori una violentissima critica del fascismo, rappresentato privo di tutti i suoi orpelli retorici, nella sua essenza di dominio e potere violento di una “elite” sulla massa vile. Riesce ad andare anche al di là del pur spietato film di Bunuel (Il Fascino disceto della borghesia) nello svelare tutto il torbido che si nasconde dietro la maschera di perbenismo e bellezza esteriore dei vari Eccellenza, Presidente e Signora.
Pasolini descrive minuziosamente le psicologie e i comportamenti quasi schizofrenici dei 4 libertini (un misto di sottomissione omosessuale e violenza prevaricatrice) senza nascondere niente, rimanendo fedele a Sade, ma lo fa in una maniera che ce li rivela quasi ridicoli e meschini (ma purtroppo molto pericolosi). Anche i poveri ragazzi sono trattati come negli scritti di Sade: meri oggetti di piacere e sottomissione; disegnati come remissivi, incapaci di ribellarsi, che reagiscono con lamenti e suppliche inutili. Appelli a pietà o a enti esterni non fanno che ribadire e aumentare il potere e il piacere di chi non conosce sensibilità. Tanto più che le “leggi” dei dominatori vengono quasi accettate da chi le subisce e li portano addirittura alla delazione. E’ tale il potere dei dominatori da annullare qualsiasi indipendenza in chi subisce. Il coraggio di ribellarsi, di non accettare, ce l’ha solo la pianista. Evidentemente solo l’arte e la sua conoscenza salvano dall’abbrutimento. Inquietante il siparietto finale: si può fare l’abitudine anche a questo stato di cose.
Questo film ha un preciso valore storico. In un periodo di grande liberazione, di fiducia nel libero esprimersi degli istinti individuali contro le costrizioni sociali (erano gli anni ’70, con i figli dei fiori, l’anarchia), Pasolini avverte che gli istinti umani non sono tutti positivi, che non ci può liberare da tutto quello che è coercizione sociale. Ed è un impegno di sorveglianza che dovremmo avere tutti, perchè una situazione come quella della Bosnia negli anni ’90 ci avverte che la “bestia” è sempre lì pronta a sfruttare ogni occasione propizia (anarchie, guerre) anche nella “civilizzata” Europa.