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SALO' O LE 120 GIORNATE DI SODOMA regia di Pier Paolo Pasolini

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Guy Picciotto     9 / 10  25/08/2005 13:27:47 » Rispondi
L'inferno dantesco non secondo dante ma secondo pasolini, l'inferno al tempo della globalizzazione e del nazional-capitalismo. l'eccitazione sessuale finale del fascista mentre voyerusticamente visiona le torture dalla finestra col binocolino compiacendosene e masturbandosi è un chiaro segnale dei tempi....era il 1975, oggi nel 2005 l'informazione imbottita al vetriolo di segnali ballardiani di sesso mercificato e torture alla guantanamo mostrati come radiografie spinali, densità di immagini (o simulacri) tra il libidinoso e l'atroce, il sesso è diventato un mezzo per attuare il controllo psicologico, la sodomia è un mezzo er attuare la tortura fisica. pasolini non risparmia nemmeno la controparte plebea, anzi colpevolizza la categoria, è non è difficile vedere nelle vittime il basso-medio ceto italiano un tempo umile e dignitosa massa contadina che oggi non desidera altro che imitare i granosi della tv e dell'alta società. pasolini denunciava il "mutamento antropologico" del popolo italiano, ossia quel processo iniziato alla fine degli anni 50 per cui le identità culturali del paese erano progressivamente state sacrificate allo sviluppo industriale e commerciale "violento" del boom, in nome di quella "omologazione culturale" che annullava la varietà socio-culturale italiana, figlia di una storia millenaria. egli ribadiva che, se si fosse messo dall'alto di una torre a guardare la piazza, 10 anni prima avrebbe saputo riconoscere un proletario da un borghese, un fascista da un comunista, un meridionale da un settentrionale, e 10 anni dopo ciò non era più possibile, perchè la classe dirigente politica ed economica aveva sacrificato quella varietà in nome di una corsa al benessere e al consumismo . in fondo pasolini aveva percepito con svariati anni d'anticipo quel fenomeno aberrante che oggi chiamiamo "globalizzazione". pasolini aveva vissuto, come tanti, la trasformazione della società italiana da agricola e rurale (al massimo piccolo industriale) a società consumuistica e caratterizzata da un'industrializzazione forsennata e da un'urbanizzazione selvaggia. questa trasformazione avvenne in pochissimo tempo, poco più di 10 anni. pasolini ha sempre affermato che la sua posizione non era contro il progresso, anzi, bensì contro lo sviluppo, in particolare lo sviluppo vissuto sulla pelle degli italiani nei '50 e '60. la varietà culturale dell'italia, sebbene rurale e contadina, era per lui il ritratto di una purezza che veniva sacrificata sull'altare del consumismo omologante. con salò pasolini ci dice che esiste oggi un fascismo "in giacca e cravatta" che giudicava più pericoloso di quello "con fez e manganello". un fascismo strisciante che si insinua nella società al fine di plasmarla, di rimodellarla, di imporgli i propri modelli, il tutto con il sorriso e la benedizione delle istituzioni, e che questo nuovo fascismo è l'unica vera anarchia praticabile in questa scietà nazional-capitalista, il film in questione ci dice che quando hai il potere economico finanziario puoi esercitare l'anarchia senza nessun ostacolo.