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I RACCONTI DI CANTERBURY regia di Pier Paolo Pasolini

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amterme63     7 / 10  26/01/2012 19:18:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' il primo film di Pasolini che mi delude un po'. Sembra quasi che quando Pasolini ha deciso per una volta di fare un film facile, comico, basato sul piacere puro di vedere e ridere, abbia in qualche maniera perso l'ispirazione. Insomma, i film facili non si addicono al talento di Pasolini.
Il film tutto sommato è bello, però manca qualcosa, manca la sensazione di materia viva, materiale o spirituale che sia, che lasci il segno nel profondo del sentimento umano dello spettatore. In "Racconti di Canterbury" sembra prevalere il gioco stilistico un po' superficiale e poi la vicinanza e il confronto con il riuscitissimo "Decameron" non giova alla pellicola.
La forza di quest'ultimo film stava tutta nella forte impronta popolare napoletana che univa, ravvivava e riempiva di significato attuale, immediatamente percepibile, tutte le storie. La stessa operazione purtroppo non riesce con "I racconti di Carterbury". Si percepisce più che altro distacco e estraneità umana rispetto alla materia narrata. La connotazione di storia fantastica, di falso e fittizio qui è molto forte. Quella ritratta è un'Inghilterra popolare immaginaria, quasi idealizzata, un po' come cercavano di fare i menestrelli del folk inglese dell'epoca (ampiamente usati nella colonna sonora).
A poco serve il doppiaggio volutamente "dialettale", con forti inflessioni bolognesi. Più che rendere le storie popolari e comprensibili, il doppiaggio dialettale quasi stona e dà un'idea di dilettantesco, non in sintonia con quanto visivamente mostrato.
Che il film fosse fondamentalmente un gioco stilistico, con scarse implicazioni ideologiche, ne era consapevole pure Pasolini e infatti ce lo mette quasi sempre in rilievo. Lo spirito delle storie è volutamente comico e quasi da commedia dell'arte. Frequenti le citazioni dei classici del cinema (una su tutte quella Ninetto Davoli - Charlie Chaplin). Insomma Pasolini ha voluto semplicemente dilettarsi e giocare per una volta a non essere "serio" (come mostrano le scene in cui è ritratto nelle vesti di se stesso - Chaucer).
E' un'operazione di disimpegno comico che però dà il suo meglio se è all'interno delle consolidate regole classiche. Qui le storie scollegate fra di loro, a volte lente e prolisse, che lasciano cadere spesso l'attenzione dello spettatore (appunto lo stile anti-narrativo di Pasolini), non aiutano a far apprezzare appieno il film.
Di positivo (e molto positivo) è la parte scenografica e visiva. Le immagini sono sublimi nei loro colori, nella loro resa scenica con i soliti passaggi da primi piani su facce profondamente umane e anticonvenzionali a splendide viste panoramiche su paesaggi mozzafiato o su scenette brulicanti di vita (che ricordano la pittura figurativa di Brughel e in qualche maniera di Hogarth).
Dulcis in fundo la meravigliosa scena finale della visione dell'Inferno, una delle più riuscite e impressionanti del cinema di Pasolini.