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IL DECAMERON regia di Pier Paolo Pasolini

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9½ / 10  03/08/2006 14:22:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"... Perchè Napoli, per la sua gente, costituisce l'ultimo rifugio, l'estremo baluardo di genuinità d'espressione popolare"

Naturalmente, non condivido un solo giudizio davanti alla media striminzita del "decameron", che anzi trovo uno dei punti piu' alti della carriera di Pasolini, la dimostrazione che si puo' (anzi si DEVE) rileggere un classico della letteratura di tutti i tempi, stravolgerlo, senza per questo mutare in modo irriversibile lo spirito originario.
Un film fatto con un grande senso di umiltà e partecipazione.

Dicono "non ha cambiato nulla del libro", dite? Scegliere un classico dialettale Toscano e trasportarlo nella terra del Vesuvio è già un'operazione irriverente, che ben pochi "puristi" oserebbero fare. Ma Pasolini non è mai stato, per fortuna, un purista. Forse un pretestuoso moralista, ecco.

L'operazione del Decameron è assolutamente perfetta: non tanto o solo per la riproposizione di alcune celebri novelle del Boccaccio (cfr. Ser Cepparello e Masetto di Lamporecchio su tutti) ma in quanto sostenuto da un'insolita allegria, quasi un disincanto davanti all'opera spesso cupa e inquietante di Pasolini.
E' un peccato che tutto cio' possa essere frainteso, come dimostra l'orribile sottofilone erotico che ha inaugurato suo malgrado, dove a onor del vero alla rinuncia della decadenza sociale sottostava un'epilogo ehm libertino ben piu' corrivo e convenzionale.
E' chiaro poi che un testo come quello del Boccaccio esprime la sua vitalità in modo diverso, ma lo spirito liberatorio/rivoluzionario del testo e l'incontro temporale di due diversi modi di fare poesia sanciscono le infinite possibilità dell'arte a distanza di (parecchi) secoli.
La "trilogia della vita", oltre che rappresentare il momento piu' alto della raffinatezza e della spettacolarità scenografica di Pasolini (lo zenith nel successivo "I racconti di Canterbury", con la sequenza dell'inferno raffigurata come nelle pitture del rinascimento) esplora quel ritorno "sacrilego" alle radici perdute, la ricerca ossessiva di un mondo al quale l'autore crede invano di avere gettato alle sua spalle.
L'uso del dialetto napoletano arricchisce ancor di piu' quest'affresco, a dir poco esilarante, dove, come giustamente si fa notare negli scritti dell'epoca, l'autore si prende beffe dei suoi ostici detrattori
Wyrael  14/06/2007 05:42:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"E' un peccato che tutto cio' possa essere frainteso, come dimostra l'orribile sottofilone erotico che ha inaugurato suo malgrado, dove a onor del vero alla rinuncia della decadenza sociale sottostava un'epilogo ehm libertino ben piu' corrivo e convenzionale."

Scusami ma qui di fraintendimenti non ce ne sono.
L'esibizione di tutti quei peni è assolutamente gratuita ed esagerta...Mi spieghi che bisogno c'è di evidenziare tutte quelle erezioni, palpeggiamenti e inutili primi piani?
Nessuno...ciò comporta purtroppo solo alla censura verso quei minorenni, che da questo film potrebbero trarre molti insegnamenti, sia a livello letterario che cinematografico.
Io questa non la definirei una pecca, piuttosto un enorme sbaglio.
Per quanto riguarda la scelta del dialetto napoletano sono parzialmente daccordo con te...

Invia una mail all'autore del commento kowalsky  14/06/2007 13:14:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non mi sembra di vedere chissà che... e comunque la realtà di Pasolini (anche romanzata) è nuda e cruda... mi sembra che il Boccaccio provocasse molto di più Comunque i minorenni non sono sprovveduti come crediamo, io a cinque anni giravo già con i porno sottobanco
Wyrael  14/06/2007 17:22:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"io a cinque anni giravo già con i porno sottobanco"

ahahahahahahahahah