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ALICE IN WONDERLAND regia di Tim Burton

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Godbluff2     4 / 10  17/11/2022 14:18:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mèrda fotonica. Io non ricordo tanti grandi registi caduti in basso fino a questo punto, non come Burton. Il discutibile remake de "Il Pianeta delle Scimmie" lo si poteva prendere come un casuale passo falso, in fondo non aveva mai sbagliato mezzo film prima di allora e subito dopo venne "Big Fish", uno dei suoi film migliori; l'orribile remake de "La Fabbrica di Cioccolato", subito dopo, doveva già far seriamente sospettare una caduta inarrestabile e di sicuro dava la conferma al fatto che forse Tim Burton è meglio tenerlo lontano dai rifacimenti di opere altrui; un paio di discreti/buoni film successivi avevano in qualche modo tenuto a galla la zattera, e poi è arrivata Alice nella tana del Bianconiglio, una specie di ipotetico sequel e mezzo remake del film animato, e al terzo tentativo ci è riuscito: ha dimostrato di essere un autore e un cineasta finito, la scure è caduta definitivamente sul suo cinema. Questo è il punto di non ritorno (anche se spero ogni volta che mi smentisca, sia chiaro), da qui Burton non si è più rialzato.
Poi, il sequel-remake di "Alice" in "live-action e cgi"... Innanzitutto il modo migliore di mettere in scena questi rifacimenti da parte della Disney sarebbe di non metterli proprio in scena, questo va chiarito, ma d'altronde la manovra commerciale di chi conosce i propri polli è funzionale allo scopo e vagli a dir qualcosa; qui l'idea di base è stata quella di mischiare un po' le carte in tavola, non un effettivo remake in live-action passo-passo ma un sequel con una Alice cresciuta che torna nel Wonderland, affidando il mondo carroliano a Tim Burton, si insomma, Tim Burton, il visionario Tim Burton che affronta Lewis Carroll, il visionario, assurdo Lewis, cosa avrebbe mai potuto andare storto ? A parte tutto quanto, intendo.
"Alice in Wonderland" non è un materiale che sfugge alle rimodellazioni, anzi, è malleabile, è di pongo e con un po' di intelligenza, trasponendolo cinematograficamente, lo si può adattare bene agli scopi tanto della Disney quanto di un autore come Svankmajer, ottenendo risultati agli opposti e ugualmente validi. Insomma, il materiale di Alice si può ben rimodellare sulle proprie esigenze espressive, a patto di avere talento, idee ancora vivide e una gran bella personalità e senza tradirne lo spirito o mancare nella fedeltà all'opera originale.
Insomma, con un simile materiale, ricchissimo di follia, personaggi, spunti, colori e invenzioni linguistiche potevo anche accettare l'idea di un sequel "ex-novo" che trattasse in modo personale l'opera carroliana mescolandoci dentro cose da entrambi i due romanzi aliciani; magari un'idea non esattamente utilissima (proprio per la ricchezza contenutistica ed espressiva di "Alice in Wonderland" e "Trough the Looking Glass" per una volta la Disney poteva effettivamente tentare un remake normale, e invece niente, e va bene) ma che poteva essere (si, come no) un arricchimento (magari in mani diverse dall'Impero del Male di Topolino, chi lo sa); invece Burton e la Disney sbagliano tutto quello che si poteva sbagliare.
Sbagliato è il tono della storia, soprattutto. Hanno voluto darle una tonalità più cupa e addirittura infarcita di "epicità hollywoodiana", quasi come se fosse necessario, con una protagonista più grande d'età, rendere il mondo di Carroll più "serio"; hanno addirittura voluto metterci una parvenza di "trama", ma ci rendiamo conto, oh. I toni "dark" e maggiormente cupi in realtà sono solo la conseguenza di un regista che si è arreso all'auto-stereotipo, al luogo comune di se stesso, che tradisce in realtà la sua estetica e il suo modo di raccontare (parliamo del regista di commedie brillantissime come "Beetlejuice" o "Mars Attack", dell'autore di "The Nighmare Before Christmas", di storie malinconiche e cupe dove tuttavia ironia e divertimento erano, quando necessari, perfettamente bilanciati); i toni estetici e narrativi di questo "Alice in Wonderland" sono del tutto non necessari e orribilmente pacchiani.
Non lo avevano del tutto convinto, ha detto Burton, le trasposizioni per il cinema che aveva visto dei lavori di Carroll; minchìa, meno male che è arrivato lui, il professorone, e ci ha portato questo bel lavoro, che tradisce clamorosamente nello spirito l'opera dalla quale prende ispirazione.
Ne rimane un film sbagliato dall'inizio alla fine, pieno di macchiette ridicole, con una storia "epicizzata" e incupita senza il minimo criterio con attorno gente che spara stronzàte non-sense a raffica perché è Alice e ci deve stare il non-sense. Non basta tirar fuori il "Jabberwocky" per fare una Alice.
C'è chi aveva personalizzato il mondo di Carroll riuscendo a renderlo macabro e cupo come non mai senza tradirne lo spirito assurdo (si, di nuovo Svankmajer), Burton non ne ha la forza; soprattutto i toni estetici e narrativi di questo film mi hanno innervosito, mi hanno innervosito non poco e la scusa del "eh, ma è un sequel, lei è cresciuta" non regge nemmeno per un secondo.
Questo film è la cosa più brutta che abbia mai visto uscire dal mondo narrativo di Lewis Carroll, un film tra l'altro poco divertente e molto pesante nella sua brutta scrittura e nell'ostentata estetica da "Burton in pensione" e nelle sue interpretazioni orribili. Non si salva niente, ma niente niente. Và, a parte la citazione del "Jabberwocky", che non basta. Ovviamente.