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MEDEA regia di Pier Paolo Pasolini

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amterme63     8 / 10  22/12/2011 23:10:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo è senz'altro il film più difficile ed ermetico di Pasolini; allo stesso tempo è anche quello più suggestivo ed espressivo.
Qui si portano alle estreme conseguenze le due caratteristiche estetiche già enunciate in "Edipo Re" e "Teorema", cioè la comunicazione affidata alla semplice immagine suggestiva e/o archetipica e l'uso della figura umana principalmente come simbolo e/o metafora dell'universale.
Si arriva così all'estremo di "Medea", dove si quasi completamente a meno della parola (è in pratica un film muto, quelle poche parole pesano come macigni da come sono piene di significati – solo nel finale il film diventa più "parlato"), la successione temporale e narrativa è condensata e quasi annullata (occorre conoscere già in partenza lo svolgimento dei fatti e dei personaggi coinvolti – questa conoscenza è essenziale e indispensabile, perché il film la presuppone come conosciuta), si elimina qualsiasi accidente personale (è semplicemente un succedersi di espressioni, di singoli momenti pregnanti per lo più statici e contemplativi) e drammatico dall'azione dei personaggi (alle uccisioni, alle brutalità e alle morti viene tolto qualsiasi pathos fisico, accentuando quello psicologico e simbolico).
"Medea" diventa così una rappresentazione archetipica del contrasto civiltà-barbarie, razionale-irrazionale, materiale-spirituale. Pasolini quindi deliberatamente decide di non essere fedele alla lettera del mito per esserne fedele nello spirito, estraendone il significato archetipico e universale e tralasciando le sottigliezze psicologiche e sentimentali.
La prima parte del film è tutta dedicata alla rappresentazione del lato barbarico – irrazionale. L'ambiente è quello del paesaggio selvaggio e "primitivo" della Colchide (in realtà la bellissima Cappadocia). Si inscenano sacrifici umani, antropofagia, riti atavici di ordine scamanico e animista in cui il popolo crede. Questa prima parte sembra un "mondo movie", anzi è forse il "mondo movie" più bello e perfetto mai realizzato. A differenza dei mondo movie generici, quello di Pasolini non punta a illustrare con dovizia tutte le truculenze e le stranezze per colpire lo spettatore, Pasolini trascura la superficie e punta al cuore del rito, rappresentandone lo spirito, il significato, l'essenza. Non di meno la rappresentazione è affascinante e impressionante, grazie soprattutto alla musica (un po' inquietante), alla scenografia (natura bellissima ed essenziale, luce naturale, vento, riprese in controsole) e ai costumi molto azzeccati e suggestivi nella loro fantasia.
La seconda parte si svolge nel microcosmo murato e chiuso della "civilizzata" Corinto (in realtà le mura di Aleppo e le splendide geometrie di Piazza dei Miracoli a Pisa). Un mondo che ha tolto ogni magia e spiritualità agli oggetti e alle azioni (a Corinto il Vello d'oro non ha più lo stesso "significato" che aveva nella Colchide) ma che tuttavia si sente debole e sulla difensiva nei confronti del potere del barbarico e dell'irrazionale.
Sul ruolo del divino-spirituale e sulla sua scomparsa e inutilità nel mondo "civile", verte poi tutta la parte che coinvolge il Centauro (che simboleggia un po' la Chiesa e/o l'intellettualità in genere).
Infine Medea che simboleggia la parte istintuale e irrazionale dell'animo umano, quella che "sente" e che alla fine prevale e vince sulla parte razione, calcolatrice e materiale simboleggiata da Giasone. Il finale ci dice che l'irrazionale ha comunque l'ultima parola nelle vicende umane; lo si può nascondere, reprimere, ma basta poco per farlo tornare fuori e farlo prevalere.
Tutte le sfumature psicologiche, le spiegazioni delle azioni, vengono tralasciate, rinunciando a una parte essenziale e importantissima del mito di Medea. Ma tant'è; a Pasolini questo lato non interessava.
Nonostante la difficoltà, l'ermetismo, la lentezza e la staticità (con il loro effetto soporifero in chi non entra nello spirito di ciò che vede), il film è bellissimo, sublime. Ha delle immagini che lasciano senza fiato dalla purezza ed espressività, inquadrature, espressioni, interazioni ambiente-persone perfette ed esemplari; insomma una fusione immagine-significato che ha la stessa potenza, lo stesso fascino, la stessa emozionante emotività di una poesia.
Ecco, Pasolini è forse uno dei più grandi poeti del cinema.