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AMARCORD regia di Federico Fellini

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Woodman     8½ / 10  07/08/2014 15:48:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film che non avrebbe più bisogno di essere commentato, indiscutibilmente importante e grande.
Fellini, nonostante tutto, non l'ho mai davvero mandato giù del tutto, per quanto lo riconosca come uno dei più grandi artisti di tutti i tempi.
Eppure il suo modo di mettere in scena l'onirico, le sue convinzioni al riguardo, la sua baroccaggine caciarona e confusionaria, l'ostentazione enfatica del grottesco e delle piacevoli contraddizioni umorali, quegli ossimori insomma, oltre all'esibizionismo esagitato e talvolta (dai, facciamo anche SPESSO) fine a sè stesso sono tutti tratti che mi hanno sempre urtato, e anche non poco. Vergogne segrete? Mah, finchè ne riconosco -nonostante tutto- l'indubbia grandezza, rimango abbastanza tranquillo.
Sì perchè Amarcord è, purtroppo, TUTTO ciò che trovo di difettoso in Fellini, centuplicato.
Troppa gioia guasta al voluto effetto nostalgico, troppa enfasi nella recitazione sfianca, troppo autocompiacimento visivo irrita.
Eppure tutto è meravigliosamente (e non discretamente, beninteso, ma MERAVIGLIOSAMENTE) bilanciato dalla passionalissima e sensibilissima forza espressiva dell'artista riminese. Un film che rimane personalissimo e addirittura, in certi risvolti, che tocca vette intime quasi confessionali e imbarazzate. Dunque, un'opera coraggiosissima, che riesce miracolosamente a portare dalla sua anche l'irritazione mostruosa che riesce a generare.
Come galleria di reminiscenze traslate nel fantastico e nella comicità paradossale e grottesca, resta inferiore a "Roma", che è decisamente il mio film preferito di Fellini, ma non si può sorvolare sull'intenzionalità ben superiore rispetto al film anzidetto, molto più ambiziosa e molto più coraggiosa.
Le storielle si agganciano tramite sfumature cromatiche, connessioni verbali, trucchi di scena, narratore semi-onnisciente. E il tutto, alla fine, assume un respiro ampissimo, sconfinato e sterminato, la malinconia è incredibilmente palpabile e si percepisce qualcosa di incredibilmente profondo, un magone che scivola in gola, una rassegnazione colta nel buttarsi sulla poltrona senza più percezione di sè, insomma di percepile ma non decifrabile, visibile, spiegabile. Un effetto straordinario e umanissimo, nella sua semplicità, se si accetta, addirittura universale.
Purtroppo non si può, o almeno non riesco io, a scindere il risultato finale dallo svolgimento, il presente che scivola via insieme ai personaggi dal mellifluo spazio nero che racchiude come un bigino tutte le folli revisioni autobiografiche col filtro della fantasia più intima e sfrenata. No, perchè in più punti si passa dallo sgangheramento alla simmetria visiva certosina che tanto esalta le folle ignoranti e perciò arrivo a detestare, questo insano accomodamento e incondizionato donarsi alla piacevolezza della pura vista, gratificante ma non sufficiente. Poi ovviamente il chiasso, che molti amano ma che io sopporto. Tollero, d'accordo, ma non è già più un godimento. Anzi, ne siamo ben lontani.

Comunque va dato atto al Maestro di saper come far breccia nelle anime del pubblico, cosa che io trovo non necessaria e opposta alla mia filosofia di vita, quindi inevitabilmente fastidiosa nella sua smodata ricerca empatica.
Ma soprattutto va riconosciuto il magnifico e sapiente lavoro di mescolamento tecnico-visivo, che riesce a immettere strati di tristezza rimuginante e ininterrotta (si sottolinea l'importanza della musica di Rota e del suo utilizzo) nel comico susseguirsi di eventi. Come rattristarsi davanti al divertimento. L'ossimoro per eccellenza che Fellini e dopo di lui tanti altri ameranno, e che si rivelerà adattissimo per avvicinarsi al pubblico.

Se si è in cerca di un calore potentissimo, affettuoso, informale e sereno, Amarcord è la perfezione.
Se oltre a ciò si è in cerca di una maestria visiva che lasci in bocca il sapore della magia, Amarcord è più che perfetto.
Se ancora oltre si cerca quella furbizia accomodante che il Maestro imbastisce gongolante e contentone nelle sue messinscene irresistibilmente fanfaronanti e visivamente esplosive, maestose, ossimoricamente sbalorditive e al tempo stesso soddisfacenti e nutrienti per spirito, bocca, gola e ovviamente cervello, Amarcord non è soltanto un film perfetto, è qualcosa di immane e indefinito, in grado di delinearsi e oggettivarsi come capolavoro ma anche di lasciare libera scelta allo spettatore, in grado di decidere, senza rimorsi, se abbandonare la giostra di ricordi altrui o proseguire sino all'apice della malinconia, quella che è perdurata durante il viaggio e che scoppia potente alla fine di tutto.

Io non appartengo a nessuna di queste tre categorie, probabilmente perchè sono troppo sballottato nella vastità incommensurabile della cinematografia per capire COSA sto cercando.
Ma Amarcord, che fra l'altro è diventato un neologismo, è definitivamente una squisita torta paradiso soffice e intensa, dal sapore indimenticabile, che spinge a cercarlo ancora, a volerne sempre più, un esperimento quindi quasi gastronomico, sensualissimo e tristissimo, che riesce, analogamente alla madeleine proustiana nella sua funzione, a coniugare piacere e dolore e a spingere chi lo assapora ad un parallelismo interiore fra la visione di qualcun altro e la nostra, la più intima, la più inspiegabile, la più inenarrabile.

Un Classico meritevole d'ogni gloria, al di là delle mie fisime.
elio91  19/08/2014 14:58:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Commento molto, molto, molto bello.
Spero tu recensisca anche il Fellini più oscuro, meno accomodante: quello del Casanova per intenderci, di Toby Dammit, forse anche de La città delle donne.
Woodman  19/08/2014 22:06:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti ringrazio e ti lascio un link, su Cinefilia Ritrovata, il sito ufficiale della Cineteca di Bologna, ho scritto in merito a Toby Dammit durante la rassegna de Il Cinema Ritrovato. Nella sezione dei corti è stato proiettato proprio il corto, staccato dagli altri "passi nel delirio". Lo amavo da tantissimo tempo, puoi immaginarti l'immenso sconforto assalitomi quando nessuno ha applaudito una volta finita la proiezione. Terribile...
Woodman  19/08/2014 22:07:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
http://www.cinefiliaritrovata.it/litalia-ad-episodi/

elio91  20/08/2014 09:41:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Molto bello anche questo, grazie del link.
Probabile che l'orrore in un certo senso mascherato da risata li abbia convinti, ma quando si son trovati faccia a faccia con una storia molto nera, per nulla incline alla risata e molto destabilizzante pur essendo di Fellini non siano riusciti a recepire.
A conti fatti è un film horror. Io l'ho visto insieme al resto di quelli de "3 passi nel delirio": non c'è proprio storia, è un distacco totale. Ed è bizzarro perché Fellini probabilmente non aveva mai letto Poe, di certo non come gli altri registi. Ma lui aveva questa grande capacità, ovvero di inserirsi in un filone intellettuale a naso riuscendovi appieno e senza restarne imprigionato, liberandosene subito. Non a caso per Otto e mezzo si parlò dell'ulisse joyciano (mai letto da lui), in precedenza di un periodo neorealista felliniano (Fellini NON è mai stato un neorealista, era il primo a dirlo), e via discorrendo...

Sempre riguardo Poe, se ti piace come scrittore ti consiglio la trasposizione del Pozzo e il pendolo di Jan Svankmajer, eccezionale corto angosciante come pochi.

Il Casanova lo hai visto? Credo sia il suo lavoro più notturno dopo Toby Dammit... il mio preferito dopo Otto e mezzo.
Woodman  20/08/2014 11:17:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non posso che condividere ogni parola ovviamente, due righe di perfezione: "Vi presento Fellini" insomma.

Il corto di Svankmajer lo vidi eccome, e ora chi se lo scorda più? Meraviglioso. Capitò poi a scuola; durante le ore di scultura ci venivan fatte lezioni teoriche sui più disparati artisti, ed ecco che capitò il giorno della rassegna su Svankmajer, di cui allora avevo visto solo il grandioso "Food". Vedemmo dunque "Alice" e "Il pozzo e il pendolo" (il titolo era sempre questo?), ma anche l'indimenticabile "Darkness Light Darkness".

Poi devo dire che del racconto di Poe (di cui anche io ho letto poco e niente, ma "Il gatto nero" non potrò mai scordarlo) non mi è dispiaciuta la tanto detestata versione di Stuart Gordon.

Sul Casanova ho più dormito che goduto di quelle immagini straordinarie di cui mi rimangono sprazzi, l'ho visto parecchio tempo fa e lo devo assolutamente recuperare per rivedermelo tutto.
Otto e mezzo è sì un colpo di genio ma con quel film sono metereopatico, ci son giorni in cui il riferimento all'Ulisse di Joyce mi sembra ridicolo e profano per il sommo irlandese. Altri invece che "mamma mia..".

Il mio preferito resta "Roma", e non perchè sia il più valido dei suoi film, probabilmente è proprio così, ma perchè l'ho sempre trovato dannatamente impermeabile a qualsiasi difetto, se ho voglia di Fellini mi guardo questo capolavoro e mi riempio di pura bellezza a volontà.

Ma, sì, con lui sono un po' traballante, ma, come dicevo, finchè sono in grado, al di là di quello che sento io, di riconoscerne la genialità, talvolta davvero incommensurabile, mi sento tranquillo. Meno alieno, ecco.

"Tre passi nel delirio", come dicevi, è poi la prova del 9, che tutti i conti fa quadrar: Vadim (brrr) e Malle, attenendosi scrupolosamente al dettaglio hanno confezionato opere sostanzialmente dimenticabili, mentre il gongolone riminese, che sembra sempre capitato lì passeggiando con le braccia dietro la schiene, seguendo solo sè stesso, ha forse realizzato il più grandioso omaggio mai fatto a Poe.
Genio, sì.
elio91  20/08/2014 11:33:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si, anche io non sono mai stato convinto del paragone con l'Ulisse ma all'epoca e ogni tanto ancora oggi in molti sembrano aver trovato delle corrispondenze. E forse è vero, ci sono, ma ovvio: Fellini non l'aveva mai letto. Dubito Fellini leggesse davvero, o guardasse davvero altri film: la sensazione, probabilmente sbagliata, era che al resto fosse disinteressato anche se non era così.
Nella biografia di Kezich ne esce fuori un ritratto veritiero e affascinante.

Sul Casanova: si, è dispersivo come tutto il suo cinema. Tu dici di esserti addormentato e non fatico a crederlo: è una nenia infantile lunga tre ore di un personaggio che Fellini chiamava "lo strònzone" perché lo detestava.
Una disamina velata dell'italiano medio, del tuttologo avventuriero, buffone e dongiovanni impenitente (tutti caratteri che si appiccicano bene addosso a Fellini, forse un lato di sé che in fondo detestava e per questo detestava il Casanova).
Credo che se rivisto oggi non potrai che apprezzarlo maggiormente.

Roma per me è eccellente, ovvio (mi pare di averci scritto una rece ma tempo fa, oggi non avrei manco il coraggio di rileggerla). Si adatta molto al Fellini barocco, quantomeno nel racconto, proprio come Amarcord: perché non c'è una trama, fluttua come deve nella città eterna così come faceva nelle memorie - finte memorie - d'infanzia. Ben diverso dalle dispersioni di un Satyricon, di Otto e mezzo, Giulietta o del Casanova, dove il protagonista si perdeva nel caleidoscopio di immagini. Per me poi non è un difetto, capisco quanto possa risultare eccessivo e poco accomodante per tanti.
Ma quando mi siedo a guardare un suo film, mi succede lo stesso che Nabokov diceva di Dickens: mi rilasso e lascio che sia la spina dorsale a prendere il sopravvento.
Woodman  21/08/2014 00:37:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nabokov ahaha geniaccio :)

Comunque Giulietta lo amo moltissimo, una meraviglia assoluta.

Comunque Casanova va rivisto per forza adesso, sicuramente apprezzerò alla grande.
elio91  19/08/2014 15:00:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Poi io son di parte: per me Fellini è uno dei più grandi artisti di tutti i tempi ma lo amo sempre.
Provocatoriamente: tolto "Il bidone", per me tutto il cinema potrebbe essere racchiuso anche solo nel suo cinema.