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IO & MARILYN regia di Leonardo Pieraccioni

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6½ / 10  29/12/2009 00:48:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dire che è il miglior Pieraccioni da molti anni a questa parte non è un gran complimento, viste le prove imbarazzanti nel corso degli anni (in un paio di casi, v. il mio west persino inguardabili).
Ma stavolta c'è un brio insolito, una giocosa operazione da commedia d'altri tempi (un tocco di musical qua, un'altro di fantasy) che fa pensare al fatto che il comico toscano potrebbe stupire, se solo osasse di più.
Mi sono divertito, ecco, senza provare vergogna: è già qualcosa.
Dovendo soffermarmi sull'aspetto ehm stilistico del film, noto con un certo sgomento che il topoi della commedia all'italiana di questi anni non riserva spazio per finezze tecniche, sembra sempre plausibile la fretta di attraversare il tempo passando ad altro, per non scontentare i pigri spettatori natalizi.
E in effetti se Pieraccioni fosse meno Pieraccioni il risultato sarebbe finalmente maturo e compatto.
Detto fra parentesi, l'idea di Marilyn è davvero stuzzicante, e Suzie Kennedy riesce a colmare le perplessità con una certa autoironia che non guasta di certo.
Potenzialità che non vengono sfruttate adeguatamente, se è vero che la Marilyn di Pieraccioni è la solìta icona vestita di bianco - come in un film di billy wilder - una diva-manifesto priva però delle sfumature che avrebbe potuto anche solo alludere per qualche frammento.
Sorprendentemente, l'idealizzazione divistica del toscano (metaforica rappresentazione del provato monolitismo regionale, malgrado una vicinissima "vacanza" in quel di rimini cfr. l'italia in miniatura) tenta di sollevare il dilemma della morte fisica - o della successiva immortalità divina - cosa che forse passa in secondo piano davanti alle disavventure affettive di Gualtiero e delle sue crisi psicologiche.
Stavolta i comprimari rendono finalmente un buon servizio, mi riferisco a Rocco Papaleo e al suo personaggio tardo-freak, e all'esilarante napoletanità di Biagio Izzo, tamarissima icona trash da circo equestre.
Un paio di pretenziose mosse poetiche - cfr. piazza santa maria del fiore trasformata in un ottocentesco sogno felliniano - fanno prevedere le potenzialità irrisolte del simpatico toscano, ma forse è uno specchietto per le allodole.
Perchè se il ricorso alla poetica strizza l'occhio ai detrattori, è altrettanto evidente quanto possa sconcertare/intimorire il fan di Pieraccioni.
In definitiva, un film superiore alla media, decisamente meno scontato del solito, che lascia un sapore greve, di innoquo ma stimolante entertainment.
Credo però che i limiti espressivi di Pieraccioni siano dovuti essenzialmente ai limiti interattivi dei suoi spettatori più affezionati. In un certo senso sembra ne sia condizionato.
Anche se woody allen e totò sono di un'altra pasta, eppur si muove (anche qui)
gabriele  07/01/2010 11:12:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Il mio west" è di Veronesi, Pieraccioni compare solo come attore e sceneggiatore.
Il topoi è plurale, quindi avresti dovuto scrivere il topos della commedia all'italiana.
P.s. bel commento come al solito...
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  07/01/2010 21:09:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Avevi ragione compreso l'errore di grammatica ahimè