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SCIUSCIA' regia di Vittorio De Sica

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amterme63     9 / 10  09/09/2007 16:35:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se c’è un’accoppiata nel cinema mondiale che abbia saputo al meglio rappresentare il mondo dell’infanzia (in generale il mondo dei più deboli e indifesi) alle prese con una realtà dura e insensibile, questa è senz’altro De Sica/Zavattini. Zavattini forniva il materiale e De Sica lo sapeva realizzare mirabilmente. Già negli anni ’40, al tempo del fascismo, avevano ambientato film in scuole o collegi, con i giovani alle prese con regole rigide e persone ottuse. Il loro primo grande film parla della triste storia di un bambino travolto dai problemi degli adulti (I bambini ci guardano). Sotto il fascismo si doveva però rispettare certe regole e quindi spesso c’era il lieto fine o si parlava di gente perbene, rispettosa della morale.
La guerra aveva portato morte, distruzione, miseria, ma almeno adesso ci si sentiva liberi di dire e far vedere le cose come stavano. Con pochi soldi ma con tanta voglia e tanto entusiamo (e forse tanta speranza di migliorare la società) ecco che De Sica/Zavattini scendono ai gradini più bassi della scala sociale e ci danno un quadro crudo ma vero di ciò che spesso cerchiamo di rimuovere. In questa situazione disperante si trovano tante persone di buoni sentimenti ma indifese. Vivono di sogni e cercano di realizzarli (per due bambini avere un cavallo), ma diventa quasi inevitabile rimanere impelagati nel crimine e una volta entrati nel meccanismo non si riesce più a uscire puliti, si rimane travolti. I loro istinti di amicizia, solidarietà si scontrano e cedono di fronte ad altri comportamenti etici come quello dell’omertà o della vendetta.
Il dito viene puntato contro le istituzioni e chi le fa funzionare. Indifferenza, abitudine, autoritarismo (avanzo del fascismo) fanno sì che quello che dovrebbe redimere o correggere (il riformatorio) diventi invece il luogo dove anche chi non vorrebbe, finisce per essere un criminale.
La storia colpisce ancora di più perché è vissuta più che recitata. La cinepresa spesso si sofferma su facce infantili indurite, disperate, eroicamente vive ed è difficile non rimanere colpiti. Il contrasto con l’ambiente poi è stridente. Certo il limite forse sta nel voler a tutti i costi far apparire l’animo dei due bambini protagonisti come pulito e fondamentalmente buono. Ci sono spesso passaggi melodrammatici come ad esempio il finale, che appaiono un po’ come concessioni al gusto dell’epoca. C’è da dire però che il fatto che il finale non sia lieto ma quasi simbolico (il sogno che fugge via irrealizzato) ha finito per allontanare il favore del grande pubblico. Quando uscì ebbe scarso successo commerciale e si affermò solo all’estero, dove si impose come grande esempio stilistico di cinema vero e sincero (in chiave anti-hollywoodiana). La prima volta che i più poveri e i più deboli apparivano come “eroi” in un film non comico.
Ciumi  07/09/2009 07:45:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scusami se ogni tanto rompo le scatole, ma restando sull'argomento infanzia-neorealismo, hai mai visto qualcosa del regista indiano Satyajit Ray? La trilogia di Apu (Il lamento sul sentiero; L'invitto; Il mondo di Apu) è una meraviglia. Ricorda a mio parere il primo Fellini e il miglior De Sica. Anche "La sala di musica" è bellissimo.

amterme63  07/09/2009 08:36:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Ciumi. Tu non rompi per niente, anzi!. Ho una lista lunghissima di film da vedere (tra cui anche quelli del regista indiano Ray) e purtroppo scarsissimo tempo a disposizione. Se tu li hai visti allora rinnovo davvero i complimenti per i tuoi gusti e le tue scelte.