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IL GATTOPARDO regia di Luchino Visconti

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dobel     10 / 10  24/08/2009 00:13:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eccomi di fronte ad uno dei miei film preferiti e a quello che secondo me è il capolavoro di Visconti. Una delle riflessioni sulla morte più liriche e struggenti a cui ci sia dato di assistere. Il film è sicuramente un grande affresco storico, la ricostruzione è curata come sempre in Visconti, la fotografia fantastica e gli interpreti indimenticabili. Poi c'è la musica, ed ecco che qui siamo di fronte ad uno dei più alti esempi di melodramma del novecento. Si, si tratta prorprio di melodramma; la musica di Rota e di Verdi entra nel racconto con una potenza pari a quella di un'opera lirica. E se il cinema ha soppiantato nella propria funzione sociale il melodramma ottocentesco, ecco che qui ci viene proposta una sintesi fra le due forme espressive di livello mai più eguagliato se non da altri lavori di Visconti (non a caso uno dei massimi registi lirici di sempre).
Un film da pelle d'oca, con scene e dialoghi indimenticabili ed una delle trasposizioni cinematografiche più riuscite da opera letteraria. Una meditazione sulla morte, dicevo: infatti la riflessione che sta alla base della pellicola è quella sul cambiamento. Il cambiamento come unico mezzo per rimanere ciò che si è. Il cambiamento delle forme esteriori per salvaguardare la sostanza. Ma il cambiamento per il principe Fabrizio non è soltanto sociale, bensì individuale e personale. La sua è la comprensione che il mondo sta mutando e che lui è incapace di mutare con esso se non nella forma più radicale: morendo. L'accettazione serena e fiduciosa della morte, la rende quasi un'amica e un rifugio. Il valzer della scena finale è in questo senso il valzer della vita: per un attimo si è al centro della pista, poi d'un tratto senza accorgersene si deve lasciare posto all'altro, al nuovo, al futuro '...ed è subito sera'.
Diversamente dagli eroi di Ford o di Peckinpah, che non possono adattarsi al nuovo e lo combattono restandone inesorabilmente sconfitti, il Principe Fabrizio accetta il nuovo pur non potendone farne parte. Comprende con serenità che opporsi al futuro è non solo inutile, ma anche patetico. Sa fin troppo bene che tutto cambierà per restare sempre uguale. Ha cinquemila anni di esperienza sulle spalle... lui e la sua gente ne hanno viste troppe per illudersi di cambiare il mondo o di tenerlo ancorato alla loro concezione della società. Niente di nuovo sotto il sole, tutto è già stato visto e vissuto. Si tratta solo di morire perché altri vivano, cosa c'è di più naturale! Ma la bellezza della vita che si trasforma in questo film è lancinante. Ogni personaggio ( tutti interpretati egregiamente da Lancaster, Delon, Valli, Morelli, Stoppa, Cardinale, Morlacchi, Gemma, Reggiani...) viene reso con quella verità che solo la finzione può regalare.