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THELMA & LOUISE regia di Ridley Scott

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kafka62     8½ / 10  18/04/2018 09:28:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il destino del road movie presenta curiose somiglianze con quello del western: al pari di quest'ultimo, dopo essere stato in auge per un certo periodo di tempo (la prima metà degli anni '70), il genere è caduto fatalmente in declino, ma negli ultimi anni del secolo scorso – quando ormai lo si riteneva estinto – è stato fatto oggetto di un inatteso revival. Il merito di questa riesumazione va attribuito soprattutto a Ridley Scott, il quale, con "Thelma & Louise", ha realizzato un film che, nel bene e nel male, è destinato ad essere ricordato come una delle opere cinematografiche più importanti degli anni 90. "Thelma & Louise" può essere definito come la risposta femminista a tutti quei film (da "Easy rider" a "Punto zero", da "Cinque pezzi facili" a "Sugarland Express") che venti anni prima, in un'ottica esclusivamente maschile (se si fa eccezione per la co-protagonista del film di Spielberg e per la Natalie di "Non torno a casa stasera"), avevano dato vita a una intransigente e radicale critica anti-establishment, con risvolti anarcoidi e ribellistici (capelli lunghi, amore libero, droga, insofferenza verso regole e convenzioni). Siccome negli omologati e de-ideologizzati anni '90 questo drastico rifiuto del Sistema non sarebbe stato ovviamente più concepibile, ecco la trovata geniale: al posto di giovani idealisti e hippies in lotta contro la società, il film di Scott propone due donne che si ribellano all'universo maschile.
La fuga di Thelma e di Louise è all'inizio una semplice vacanza, dettata solo dalla voglia di staccare la spina dalla routine quotidiana e dalla disponibilità ingenua e incondizionata al viaggio (in questo il film ricorda pellicole come "Fandango"), ma ben presto si carica di una valenza anti-maschilista talmente forte da lasciar facilmente intravedere la mano di una donna (Callie Khouri) nella sceneggiatura. Il risultato è che da una parte abbiamo la candida Thelma quasi stuprata in un parcheggio da un odioso bullo da discoteca e la più navigata Louise che la violenza carnale l'ha invece subita davvero in un passato vergognosamente rimosso, dall'altra abbiamo una lunga serie di uomini fallocrati, prepotenti, stupidi e vanagloriosi, pronti ad alzare la voce e spesso anche le mani, in una parola "*******": il marito di Thelma, impenitente maschilista che tradisce spudoratamente la moglie ma non è disposto a concederle neppure una giornata di libertà, il camionista laido e sessuomane, il giovane e avvenente cowboy, il poliziotto "nazista", sono tutti personaggi che, descritti in maniera stereotipata e semplicistica (spesso anche con accenti comici), simboleggiano (con la sola eccezione di Jimmy – ma, dice Louise, "non è un'alternativa" – e del poliziotto "buono" Hal) l'atavica oppressione dell'uomo sulla donna. La quale donna, nei panni di Thelma, acquista gradualmente, nel corso del viaggio, coscienza della propria condizione e, da oca goffa ed ingenua, si trasforma in un'eroina coraggiosa e intraprendente, trasgressiva e sicura di sé ("Non sei normale", le dice Louise, e lei di rimando: "Sì, ed è bellissimo!"), pronta a prendere per mano la materna amica quando questa viene presa dallo sconforto (realizzando così quello scambio di ruoli che aveva scherzosamente suggerito all'inizio, quando aveva affermato con una sigaretta sulle labbra: "Hey! Io sono Louise") e a capire di non poter più ritornare alla sua meschina vita di casalinga docile e sottomessa.
L'avventura di Thelma e Louise passa attraverso vari livelli di trasgressione: il divertimento ludico, l'esperienza erotica, la rapina e l'incendio dell'autocisterna, l'inseguimento. In questo concitato crescendo, le due donne progressivamente si virilizzano (indossando ad esempio un cappellaccio da cowboy barattato con anelli ed orecchini, classici emblemi della "femminilità", e maneggiando con disinvoltura una pistola, simbolo fallico per eccellenza). Come conseguenza di questa violazione, la società (non intesa come espressione di regole spersonalizzanti e castratrici ma proprio come società "maschilista" tout-court) si vendica, perseguitando le due fino alla tragica resa dei conti finale. Il volo di Thelma e Louise nel Grand Canyon – in una lirica ed emozionante, anche se un po' enfatica, scena madre – è la logica scelta di chi ha irrevocabilmente deciso di ribellarsi al maschio e di vivere "scandalosamente" in maniera autonoma e autogestita, senza più legami e costrizioni, né sessuali né familiari. Una vera e propria scelta di vita, insomma, anche se, fatalmente, conduce le due protagoniste alla morte. E l'epica morte trasfigura in qualche modo martiri che si immolano per rivendicare con tetragona e disperata caparbietà i diritti offesi e calpestati della donna. Quella della Khouri è – va da sé – una requisitoria semplicistica e apodittica, che fa un uso grossolano e fintamente ingenuo della psicanalisi e ricorre a profusione a luoghi comuni, cliché vetero-femministi e banalità, come quell'insopportabile frase urlata nel finale dal tenente Hal: "Quante volte quella donna dovrà ancora subire violenza?".
Eppure "Thelma & Louise" è uno di quei rari film (un altro esempio è "Il cacciatore" di Cimino) in cui alcuni difetti a livello di sceneggiatura non riescono a cancellare il fascino emozionante dell'atmosfera e delle immagini. In "Thelma & Louise" si respirano sentimenti autenticamente e genuinamente cinematografici: il senso di libertà, di spregiudicatezza e persino di emancipazione che si sprigiona dal viaggio in automobile, quale che sia la meta ultima (la montagna o il deserto), il sapore mitico delle lunghe e assolate highways, la solitudine e le suggestioni del profondo Sud, la musica "wendersiana" di Hans Zimmer e quella delle stazioni radio che battono le sconfinate distese americane, e tanti altri motivi ricchissimi di seduzione. Ridley Scott riesce a trasportare tutto ciò in sequenze di solare bellezza, senza per questo rinunciare all'iconografia consolidata del genere. Il film abbonda infatti di inquadrature entrate a buon diritto nella mitologia del road movie: dalle immagini riprese nello specchietto retrovisore o riflesse nei fanali alla scena in cui si fa uso del teleobiettivo (l'elicottero che nel finale sorge all'improvviso davanti all'auto di Thelma e Louise, il camionista che si dispera davanti alla sua autocisterna in fiamme), dalla sequenza in cui automobile e aeroplano viaggiano paralleli a quella in cui la macchina da presa scorre lungo la fiancata dell'auto in movimento, mettendone iperrealisticamente in evidenza la sua funzione di "personaggio", oppure ne inquadra, a livello dell'asfalto, le ruote ed il cofano nell'atto di immettersi sulla strada, mentre una moto sfreccia a tutta velocità a pochi centimetri da essa. La vera abilità del regista è quella di sapersi calare mimeticamente in questo patrimonio mitopoietico ormai classico e di rielaborarlo con grande padronanza stilistica e con poche ma efficaci notazioni personali (la traversata notturna della Monument Valley, accompagnata dalla suggestiva "Ballad of Lucy Jordan" di Marianne Faithfull e venata dalla malinconica consapevolezza che l'avventura sta per finire, la scena del ciclista rasta, ecc.). Per tutti questi motivi, "Thelma & Louise" è riuscito a entrare nell'immaginario collettivo contemporaneo, consegnando all'immortalità l'immagine sorridente di due straordinarie attrici, Susan Sarandon e Geena Davis, che volano senza rimpianti verso la morte, proprio come Butch Cassidy e Sundance Kid nell'omonimo film di Gorge Roy Hill, o i giovani soldati de "Gli anni spezzati".
Dick  14/07/2018 10:59:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Difetti a livello di sceneggiatura anche quì? XD Siamo nel pre-Nolan! XD