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ROSEMARY'S BABY - NASTRO ROSSO A NEW YORK regia di Roman Polanski

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amterme63     8 / 10  14/01/2011 22:30:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Devo ammettere che questo film mi ha colpito molto. Ci ho pensato a lungo dopo la visione (non riuscendo a prendere sonno) e anche oggi mi è tornato spesso in mente. Non è un fatto di paura o di timore, è che mi ha lasciato un po' sconcertato. Tutt'ora non so ancora come interpretarlo. Va preso sul serio o è solo una metafora di qualcosa?
Il film è praticamente perfetto fino alla scena finale. Si mantiene con grande arte in bilico sul sottile confine che separa la percezione del reale dalla sua interpretazione immaginaria. Nel finale invece la storia sembra prendere una svolta in una certa precisa direzione, il che mi ha lasciato francamente scettico e anche un po' deluso. Avrei preferito che anche il finale avesse lasciato più margine al dubbio e all'incertezza.
Il grande pregio del film è il fatto di non appartenere ad un genere preciso. E' un misto fra thriller e horror, ma non viene impiegata nessuna convenzione stilistica che appartiene strettamente a questi generi. Si usa invece uno stile realistico di stampo quotidiano (come in "Repulsion") , con situazioni, personaggi e vicende di assoluta normalità. I dialoghi, le scene si svolgono con grande scioltezza e verosimiglianza. Anche le situazioni sono assolutamente comuni e plausibili. Eppure fin dall'inizio si fa strada l'incertezza e il dubbio con strani fatti e strane coincidenze. Niente comunque che non sia esplicabile come "normale".
L'espediente che fa lievitare l'incertezza e il dubbio su ciò che viene mostrato è il fatto che ogni cosa viene raccontata da un unico punto di vista, cioè quello della protagonista Rosemary. Molti fatti, molti eventi (tutte le uscite di suo marito, ad esempio) avvengono in ellissi. Come Rosemary, noi non sappiamo e possiamo solo congetturare e decisamente la voglia di pensare allo speciale c'è davvero. Tanto più che molta parte viene percepita tramite lo stato di dormiveglia e lì veramente l'arte raggiunge il suo picco. Quanta parte appartiene al sogno (le immagine della barca, del bikini) e quanta alla realtà (le mani mostruose, gli occhi rossi)? Il dubbio permane, persiste e avvelena Rosemary, avvelena noi.
Si arriva quasi al punto di essere convinti dell'esistenza del complotto, del sovrannaturale, almeno fino alla scena presso lo studio del Dott. Hill, quando con un voltafaccia stilistico si fa percepire allo spettatore la possibilità che Rosemary sia in preda ad un esaurimento nervoso. Il ricordo di "Repulsion" affiora nella mente dello spettatore. Rosemary come Carol?
Del resto anche "Rosemary's Baby" ha lo stesso impianto di tutti i film precedenti di Polanski. Pure in piena New York viene creato un ambiente ristrettissimo, claustrofobico e opprimente intorno a Rosemary. I pochi contatti sono con gente borghese snob, superficiale e convenzionale. Manca a Carol una vera amicizia e una vera valvola di sfogo (il marito è troppo preso dal lavoro). Come Carol di "Repulsion", Rosemary ha un carattere debole, remissivo che si porta dietro sensi di colpa. Tutto deporrebbe per una patologia di carattere persecutorio da parte di Rosemary. Il dubbio avvincente permane fino al finale, che si rivela forse fin troppo esplicito.

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julian  14/05/2011 06:16:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un piacere leggere i tuoi commenti, ti poni sempre in modo umile e riesci ad offrire, nonostante questo, analisi e letture interessanti, che spesso e volentieri condivido.
Io la vedo esattamente come te, nel senso che il film è volutamente in bilico e non prende posizione tra scienza ed esoterismo (fino alla fine naturalmente), contribuendo, con tutta una serie di indizi più o meno espliciti, a sviare continuamente l'attenzione dello spettatore da una parte all'altra: ad es. si è assolutamente convinti all'inizio che qualcosa non quadra con i due anziani coniugi e quando la conferma arriva da Rosemary ecco che Polanski ribalta tutto ridando credito alla teoria dell'isteria pre parto, propro grazie alla soggettiva di cui tu parli, una regia parziale che si permette di ingannare lo spettatore in virtù del fatto che esso coincide con un unico personaggio che quindi ha precise convinzioni.
Credo tuttavia che il film possa essere letto anche in chiave psicoanalitica, concentrandosi, in questo caso, sulle ansie pre parto e gli sconvolgimenti psicologici derivanti da esso (sarebbe interessante un parallelo con Eraserhead).

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Davvero un bel film.
amterme63  14/05/2011 10:34:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie, Julian. Mi fa piacere che tu condivida la mia opinione. Molto interessante e azzeccata anche la tua visione del finale. Si tratta di una scena complessa, ottimamente girata e che stimola lo spettatore a prendere posizione. Secondo me avrebbe potuto essere più complessa e fine e dare maggiore "libertà" d'interpretazione allo spettatore, come del resto Polanski aveva fatto fino ad allora. Pazienza, è pur sempre uno splendido finale simbolico. Ciao.
jack_torrence  08/02/2011 02:32:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che commento con i controfiocchi, Luca, come sempre!
Io ho sempre associato "Rosemary's baby" a "Bella di giorno", quanto a rappresentazione del rapporto tra realtà e immaginazione.
Il film di Polanski è ammirevole per come mette in scena l'ambiguità senza mai risolverla...sino alla fine, appunto. Che è la scena che ha sempre destato molte perplessità pure a me: le stesse che hai avuto tu.
Eppure leggendo qua e là, mi sembra che la valutazione critica del film non si concentri troppo sullo "statuto" di realtà del finale, ricercandone piuttosto un significato: e una delle chiavi di lettura possibili è quella socio-politica. Su di essa, tu ti concentri e la svisceri in modo sorprendente, e davvero affascinante. Complimenti davvero! Anche le tue riflessioni sul valore "profetico" del film sono formidabili...
amterme63  08/02/2011 08:36:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie, Stefano. Molto gentile come sempre. Tu hai visto "Repulsion"? Catherine Deneuve è magnifica lì, come in "Bella di Giorno". Mi manca "L'inquilino del terzo piano" che vedrò nei prossimi giorni (e non vedo l'ora!).
jack_torrence  08/02/2011 13:21:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Luca, "Repulsion" l'ho visto qualcosa come 14 anni fa (circa), lo ricordo pochissimo.
Ricordo solo le allucinazioni di lei e qualcosa che succedeva alle pareti... Lo rivedrei sicuramente!
"L'inquilino del terzo piano" invece l'ho rivisto un paio d'anni fa e secondo me è uno dei film più interessanti di Polanski! NB: è grottesco anzichenò.

Nelle prossime ore mi leggo curioso la tua rece a "Gangster story"
James_Ford89  09/05/2011 22:02:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Avrei preferito che anche il finale avesse lasciato più margine al dubbio e all'incertezza."

E' una tua citazione. Per me è bellissimo, anzi ti lascia proprio nell'incertezza....vedi spoiler

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amterme63  09/05/2011 23:13:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No, non sono assolutamente d'accordo. Ci sono troppi particolari che rendono "oggettiva" e reale la scena finale e non un probabile frutto di fantasia e suggestione di Rosemary (come potrebbe essere stato tutto fino a quel momento). (vedi spoiler)
Nel Castoro Cinema si cita una scena in cui lo sguardo della cinepresa riprende in oggettiva il passaggio di due "adepti" in punta di piedi dietro le spalle di Rosemary e questo suona come "tradimento" rispetto al gioco sottilissimo tenuto fino ad allora di soggettiva completa del punto di vista di Rosemary.
Anche la frase che citi tu nello spoiler è tipica di una situazione oggettiva e certa, piuttosto che di un sogno o di una suggestione. Purtroppo la voglia di fare "sensazione", di fare effetto sullo spettatore ha sopravanzato il gioco artistico, la finezza stilistica condotta così bene fino a quel momento.
Questa scena indica secondo me l'inizio della "decadenza" di Polanski, che fino ad allora non aveva concesso assolutamente niente allo spettacolo e alla convenzione ed aveva realizzato dei film assolutamente originali e profondi. Da questa scena in poi Polanski si commercializza, si appiattisce sul mestiere, sulle convenzioni e sugli stili cinematografici. Smette di essere grande artista e diventa grande mestierante.

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