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VIA COL VENTO regia di Victor Fleming

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Terry Malloy     8 / 10  01/04/2013 15:12:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un (pacchiano) capolavoro del cinema americano.

Penso che le considerazioni più interessante su questo gigantesco pezzo di storia si possano fare al meglio partendo dall'incetta di Oscar che fece e dall'analisi delle motivazioni profonde che portarono probabilmente a tale assegnazione.

Miglior film - per questo premio è sempre necessaria la presa di coscienza che i produttori in quel periodo erano uomini molto potenti (si veda tutta la vicenda che sotterraneamente coinvolse Quarto Potere) e che questo premio era necessario. Ma a ben vedere credo sia stato giusto. VCV ha dato al cinema, perlomeno a quel cinema, quello di Hollywood, un serbatoio di ispirazione che ha portato fino a Titanic e ha letteralmente codificato un genere (da cui se ne dipanano cento altri, e non solo generi e non solo cinema): il kolossal melodrammatico.

Miglior regia - scontato anche questo. Probabilmente ora non lo riceverebbe, ora che il cinema subisce l'impronta del maestro Welles, ma per l'epoca sicuramente Fleming e credo anche Vidor rappresentavano il fare cinema al meglio. Sicuramente VCV è un film in grado di pensare in grande. Penso solo al campo lungo alla stazione con le migliaia di feriti posti in armonia geometrica che mi hanno fatto ripensare a quella epocale puntata di Nip/Tuck in cui i due chirurghi devono affrontare il soccorso a un intero equipaggio di un aereo di linea precipitato. Vedremo che i contatti con la televisione sono tutt'altro che casuali. Via col vento è televisivo, ma è incisivo. Per il resto, i movimenti della mdp sono canonici per quel tempo: campi lunghi, primi e primissimi piani (americani), assenza di profondità di campo (basti Welles a spazzare via ogni inquadratura di questo film), ma d'altronde siamo nel '39 e VCV è uno di quei film che ancora oggi mantengono quasi del tutto intatta la loro grandezza e potenza espressiva.

Miglior attrice protagonista - Strameritato. E sarebbe irrispettoso e inadeguato dire qualsiasi cosa su Vivien Leigh. Probabilmente l'attrice più grande della storia del cinema.

Miglior attrice non protagonista - Meritato. La McDaniel dà vita non solo a un personaggio, ma a un serbatoio culturale a cui il cinema ha attinto a piene mani fino al recente The Help. E' incredibile quanto disinvolta sia la sceneggiatura di questo film in relazione ai neri. Ho rimpianto di non averlo visto in originale per sentire lo scimmiottamento dell'Inglese Afroamericano Standard. Wallace ne parla in "Autorità e uso della lingua" (saggio contenuto in "Considera l'aragosta"). VCV si rivela a più livelli un film fondamentale.

Miglior sceneggiatura non originale - Premetto che non so nulla del romanzo. Io credo che la sceneggiatura di questo film sia un pezzo da studiare e ristudiare per la sua paradigmaticità di genere. Si passa continuamente dal serio al faceto, tenendo dietro a molteplici fili della trama, e mantenendo un assetto rigoroso a livello macrotestuale e microtestuale, secondo una sequenza in cui si intrecciano dramma sentimentale, vicenda storica, romanzo di formazione, commedia, tragedia, in un amalgama di matrice letteraria che tocca tutta la letteratura angloamericana da Dickens a Steinbeck. Guardando VCV si ha la sensazione di assistere a qualcosa di perennemente uguale, ma di non sapere mai comunque cosa ci aspetta dietro l'angolo. E' televisivo anche in questo. Mantenere tutto uguale, ma aggiungere costantemente realtà ai personaggi sfruttando la maggior capacità - propria della letteratura - di dar vita a penetrazioni psicologiche assai particolareggiate e strutturate, in una parola reali, grazie alla devastante durata del film. L'effetto è quello di una serie tv addensata in un unico film, una storia da 400 pagine, un'epopea steinbeckiana o chestertoniana, uno sguardo d'insieme, retorico e imponente, al continente spirituale d'America e alla sua storia. Niente di nuovo, ma proprio grazie a Via col vento.

Miglior fotografia - Può sembrare strana l'assegnazione di questo premio, ma ricordiamoci che Welles avrebbe girato Quarto Potere solo due anni dopo. La fotografia è monolitica e posticcia, come molto di questo film. Il sole è una costante, come a voler ricordare che questo film rispecchia il carattere, vivace e febbricitante della protagonista. Alla fine si ha l'impressione che, nonostante le migliaia di perdite e le immani sofferenze dei protagonisti, tutto sia allegro e che nulla possa andare davvero male. Questo è retorico, ma non banale.

Miglior scenografia - l'aspetto più ributtante per noi posteri. Tutto è palesemente finto. L'impressione di fondo è che lo spazio macro e microstorico siano "loci" finti, e che l'intera vicenda sia del tutto irreale, o troppo reale. A partire dalla prima, disgustosa, scena in cui si ha simultaneamente e con un certo grado di faciloneria il riassunto della storia: Ashley non sposerà mai Rossella (e le storie migliori sono le storie più semplici dopo tutto). E' finto, ma il bello è proprio che i personaggi non lo sono.

Miglior montaggio - i premi tecnici sono completi. Nulla di nuovo anche qui. Decoupage classico anti-wellsiano. Ma alla fine non è la tecnica di questo capolavoro che interessa, ma il suo impatto, la sua importanza storica, ciò che ancora può dirci per far riflettere noi spettatori. VCV è un film che definirei pionieristico. Sarà la televisione a sfruttare molti dei suoi modelli. Certo, a livello di struttura profonda, Titanic ne è una variata scopiazzatura - si pensi solo al finale senza idillio (forse adattata alle nostre esigenze di fruizione) - ma è la tv che rielabora vittoriosamente il modello Fleming. Una storia enorme, un'epopea multi-narrativa, in sostanza una letteratura filmica, che non è più realizzata in un unicum, ma in serie di puntate. VCV ricorda tantissimo la nostra cara vecchia televisione. Ma allora probabilmente ci sbagliamo a dire che VCV sia il punto nodale del cinema americano anni '30. Probabilmente voglio dire che VCV è -marginale- rispetto al cinema seriore. Nessuno, se non la tv che è un medium che col cinema condivide solo la tecnica, ha sfruttato l'estetica e la struttura narrativa di Via col vento. VCV non è un film importante nel cinema, anche se è importante come film a sé. Quindi in definitiva, se guardiamo a questa cerimonia come a una premiazione storicistica, allora gli Oscar sono tutti largamente immeritati. Ma se guardiamo a Via col vento in sè, che è la cosa più importante, troviamo un film che personalmente considero splendido e commuovente. Una storia a cui è impossibile non affezionarsi. Forse è merito di un romanzo scritto con intelligenza. Ma è anche merito di un immenso cast di attori averci regalato la visione di Tara e di tutti coloro che l'hanno abitata.