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BRUCIO NEL VENTO regia di Silvio Soldini

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kafka62     5½ / 10  10/02/2018 17:34:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non si deve stare poi tanto bene in Svizzera, a giudicare da ciò che si vede in questo film di Silvio Soldini, soprattutto se si è stranieri e si vuole fuggire dai fantasmi del proprio passato. Non ci sono i prati verdi o le montagne ridenti cui ci ha abituati la retorica fasulla di certa pubblicità televisiva, ma, al contrario, il grigiore anonimo che caratterizza – tanto per fare un esempio – l'hinterland milanese, mentre l'ordine e la pulizia nascondono, sotto una apparenza di elvetica efficienza, la latitanza di relazioni umane e l'alienazione dei rapporti produttivi. Eppure, nonostante lo squallore di una giornata passata in fabbrica a fare sempre lo stesso buco e del poco tempo libero buttato via dietro un boccale di birra insieme a qualche connazionale, tutto si sopporta e a tutto ci si abitua, qualcuno muore – è vero -, qualcun altro impazzisce, ma in fondo "solo diventando niente – come sostiene il protagonista - si può diventare uno scrittore". E Tobias ai suoi scritti e alle sue poesie, cui dedica gran parte delle sue serate, tiene moltissimo, al punto da configurarsi innanzitutto come un personaggio immaginifico, nel senso che la realtà è da lui costantemente trasfigurata in immagini di fantasia. Così, non sappiamo mai con certezza se quello a cui assistiamo è la realtà autentica o invece la proiezione dei sogni, delle paure e dei desideri della mente di Tobias. Neppure di Line, la mitica donna amata fin dall'infanzia, cercata ossessivamente e vanamente in tutte le esperienze con l'altro sesso, siamo in grado di giurare che esista veramente e non sia invece la proiezione sublimata di un sogno. La sua apparizione, dopo tanti anni e per giunta nella stessa fabbrica dove lavora il protagonista, è infatti talmente repentina e miracolosa da far pensare all'ennesimo parto della sua febbrile fantasia, anche se il suo aspetto non ha nulla, ad essere sinceri, della figura idealizzata da ******* raffaellesca che ci si attendeva. Line è infatti bruttina, ha un figlio piccolo ed è sposata con un uomo arido e mediocre. Ma, reale o meno che sia il suo oggetto, il desiderio amoroso di Tobias, nutrito e amplificato dalla solitudine e dall'angoscia, va al di là di tutte le contingenze, è un vero e proprio "amour fou", morboso, irrazionale ed eccessivo, fatto di maniacali pedinamenti e di autodistruttive gelosie. Per Line Tobias è disposto a rinunciare a tutto, contro ogni evidenza e al di là di ogni buon senso, quasi fosse l'incarnazione di un personaggio di Dostojevskij.
A una storia che non sembra avere alcuna via di uscita, soffocata com'è da una realtà piena di disperazione e di miseria esistenziale, Soldini riserva a sorpresa, quasi a voler risarcire in qualche modo i suoi infelici personaggi, un mezzo lieto fine.

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E' difficile dire che cosa abbia tanto colpito il regista italiano da indurlo a trasportare sullo schermo un romanzo sconosciuto di un autore sconosciuto: forse la convivenza forzata di comunità diverse (vero e proprio leit motiv nella filmografia di Soldini), forse l'analisi minuziosa di una passione straordinaria all'interno di un contesto normale. Fatto sta che, con l'eccezione forse di "Un'anima divisa in due", "Brucio nel vento" sembra appartenere più alla stagione trascorsa delle nouvelle vagues francese (il protagonista ha la stessa nervosa intensità di un Jean-Pierre Leaud) e tedesca (certe atmosfere di ordinaria disperazione ricordano Herzog e Fassbinder) che al corpus dell'opera soldiniana. Se da una parte risulta encomiabile lo sforzo di evitare costantemente le trappole del melodramma, lascia invece un po' perplessi, per non dire infastiditi, quell'atmosfera così radicalmente negativa, pessimista e angosciante (perfino la fotografia è buia e claustrofobica) che rischia di appiccicare al film un'aura di autocompiaciuta involuzione e una sensazione di insuperabile tristezza che certo non si merita. Alla fine ciò che più rimangono impresse nella memoria (insieme ai rari momenti in cui la passione a lungo trattenuta sfocia in violente esplosioni di desiderio e di rabbia) sono forse le innumerevoli corse della corriera che, giorno dopo giorno, conduce i personaggi al lavoro e li riporta a casa (unico palcoscenico, insieme alla mensa aziendale, nel quale per brevi attimi viene messo in scena un amore cui non sono concessi altri spazi), le quali scandiscono con metronomica regolarità i tempi di una storia che, paradossalmente, sembra non avere tempo.