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GHOST TRAIN regia di Takeshi Furusawa

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Ciaby     6 / 10  28/05/2009 17:14:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una leggenda urbana che prende vita.
La superstizione che lega gli oggetti abbandonati ai loro padroni.
Un fantasma femminile che trama nell'ombra.

Che fantasia, direte voi sarcastici. E infatti è quello che dico anche io. Sul piano narrativo e strutturale “Ghost Train” non offre assolutamente nulla di nuovo, rifacendosi ad almeno un altro migliaio di pellicole horror giapponesi venute in precedenza. Lo stesso tema del tunnel ferroviario è già utilizzato da un’ampia fetta di film asiatici del genere (dal giapponese “Marebito”, al coreano “Death Train” al thailandese “Train Of The Dead”) , per non parlare del fantasma femminile dai capelli lunghi (in ormai troppi horror giapponesi e non), il bambino fantasma (chi ha detto “Ju-On”?) e la maternità (“The Eye 2”, “Unborn”, “Seven Days In A Coffin”, “Ghost Mother” ecc.)… davvero troppi clichè che piovono uno sopra l’altro.

Ma quindi “Ghost Train” è un film orribile, ripugnante e inguardabile? Niente affatto. È un horrorrino nella media, senza infamia e senza lode, girato in digitale e con attori non sempre all’altezza. Un film che ha i suoi momenti, che a volte inquieta con una riuscita atmosfera, mentre altre volte delude per la stoltezza di effetti digitali raccapriccianti (ralenti che non ti aspetteresti di vedere nemmeno in un pessimo esempio fulciano).

Gli spaventi, nella prima ora, arrivano un po’ telefonati e alla fin fine le scene da pugno allo stomaco si contano sulle dita di un monco (a parte la grottesca scena del bimbo che deorbita l’occhio alla madre con un dito e con consequenziale suono disturbante à la crrr…spak!) e la sceneggiatura è così incasinata e contorta da non permetterne il coinvolgimento (sembra che al regista non interessi la storia, quanto la messa in scena del terrore).

Resta una mezz’ora finale riuscitissima e a dir poco agghiacciante, tutta girata nel tunnel della morte. L’atmosfera soffocante, la claustrofobia e un inedito mucchio di cadaveri che si intrecciano salvano il film dall’oblio offrendo allo spettatore l’orrore puro.
In conclusione un filmetto horror estivo: nulla di sconvolgente o coinvolgente, ma neanche nulla di pacchiano e di orribile. Si pone tra i due antipodi e scorre con destrezza. Piacerà parecchio a chi non ha mai visto un horror asiatico in vita sua, per gli altri astenersi.