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IL NASTRO BIANCO regia di Michael Haneke

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Estonia     8½ / 10  07/12/2009 21:43:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La riduzione dell’individuo, fin dalla più tenera età, alla condizione disumana di totale obbedienza a regole rigide e inflessibili crea i futuri carnefici dei poteri forti.
In un remoto “Villaggio dei dannati” posto nel nord della Germania durante gli anni che precedono la prima guerra mondiale, nel silenzioso candore reso abbagliante dalla neve che tutto copre e nasconde, le giovani vittime di un sistema educativo estremamente repressivo e autoritario imparano presto ad adeguarsi a una disciplina aberrante fatta di minacce psicologiche e di feroci punizioni corporali e, apprendendo loro malgrado il distaccato disprezzo per la vita umana, acquisiscono l’impassibilità necessaria per essere a loro volta perpetratori di malvagità. Un nastro bianco, dal valore simbolico ambiguo, viene loro appuntato come monito, affinché mantengano intatte la purezza e l’innocenza, asservite però a una morale distorta che dietro la facciata apparentemente disciplinata e perbenista di severissime norme sociali e religiose dissimula una natura fondamentalmente ipocrita e corrotta, in cui il trattamento riservato ai più deboli, donne e bambini soprattutto, assume le tristissime connotazioni del sopruso.
Strutturato quasi come un giallo dai tempi assai lenti e dilatati, e ambientato in un clima gelido e opprimente di sospetti reciproci, il film si apre con una serie di episodi inspiegabili e violenti narrati dalla voce fuori campo dell’insegnante del posto, dolente ma soprattutto inconsapevole testimone dei fatti, e si sviluppa in modo lucido e asettico sospendendo ogni tipo di giudizio. Viene lasciato alle splendide immagini rigorosamente in B/N e prive di colonna sonora , e a una narrazione di scarna efficacia, in cui la violenza non è mai esplicitamente visibile, il compito di illustrare quale sia stato il meccanismo complesso e perverso che ha favorito la genesi del nazismo e in generale di ogni dittatura.
L’arte spiazzante del depistaggio, già sperimentata dal regista nei suoi film precedenti, caratterizza un finale assai poco consolatorio che contiene in sé le fosche prospettive di uno dei periodi più neri della storia contemporanea.