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I PUGNI IN TASCA regia di Marco Bellocchio

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Guy Picciotto     9½ / 10  03/09/2008 12:07:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A mio parere il miglior esordio italiano alla regia di sempre ( assieme ad ossessione di Visconti).
Che ci dice Bellocchio? ci dice che le relazioni affettive sono state sostituite dallo slancio affaristico e utilitaristico. Ispirato da Godard, pervaso da un macabro senso dell'umorismo, è una delle pellicole fondamentali del cinema italiano. Radicale, estremo, incompromissorio, devastante, ma assolutamente lucido, tratta in linea di massima la storia di una ragazzo epilettico che per inquietudine decide di far fuori tutta la famiglia (o quasi).. istituzione tipicamente borghese portatrice di saldi 'valori' e principi chiusi che nel '65 erano al centro di un fuoco critico di vaste proporzioni ... tutto vero ... ma il film non è solo questo, un mondo che andava cambiando (i fermenti del '68 erano vicini) e di cui, questa opera, ne è legittima figlia, e che preannuncia in effetti quello che ormai vari intellettuali di oggi stanno ipotizzando, ovvero che il 1968 è stato l'anno più terribile del novecento, l'anno in pratica che ha causato la vittoria netta del consumismo su altre ideologie. Oggi nel 2008 se siamo così è colpa sopratutto del 1968, altro che rivoluzioni, certo c'è stata una rivoluzione, quella dei costumi, ovvero la vittoria della società scostumata e senza valori così come la stiamo conoscendo oggi, il consumismo ha vinto, il 68 è stata la svolta, voluta sopratutto dai giovani, quei giovani che oggi siedono corrotti dietro una scrivania mossi unicamente da tornaconti individualistici, a far andare in malora i paesi occidentali. Un film che ha sconvolto tutte le convenzioni e le certezze del boom economico, dipingendo una famiglia borghese nella sua dissoluzione come forse sarebbe riuscito solo a Ferreri e Pasolini ("teorema").
Non ci sono mostri deformi, nel film, ma ci sono i "mostri borghesi", i giovani in preda dell'apatia e della rabbia più micidiale della società italiana dei Sessanta (duemila), a un passo dalla Contestazione generale. Lou Castel sembra un "Brando ragazzino", con la sua recitazione a scatti, nervosa e la faccia da pugile. Un'umanità terribile, che sogna e attua il matricidio e il fratricidio nella più totale tranquillità e con la stessa noncuranza ne vive - apparentemente - le conseguenze. Niente rimorsi, niente problemi. Un dramma da camera tutto chiuso dentro una casa di campagna, con conseguente senso di claustrofobia morale e fisica insieme. Bellocchio non si è mai ripetuto a questi livelli, ma certamente non era lecito aspettarsi un altro film così.