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BASETTE regia di Gabriele Mainetti

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Jolly Roger     6½ / 10  07/04/2016 20:11:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi

--------------Spoileroso----------------

Ecco, faccio parte di quella schiera di utenti che ha conosciuto Basette solo ora, dopo il successo di "Lo chiamavano Jeeg Robot".
Prima di tutto, è apprezzabile l'amore che questo regista ha per il mondo dei cartoni animati giapponesi. E' il nostro stesso mondo. Non è solo un fatto di nostalgia, ma va oltre: quel mondo ha lasciato nel regista (e forse anche in tutti noi) un imprinting culturale. In Jeeg (cartone), il robottone buono combatte contro i mostri cattivi senza bisogno di doverci ragionare sopra, senza darsi dei motivi, senza tanti perché. Lo fa solo perché è giusto e lui può, perché "tu che puoi diventare Jeeg", come recitava la fantastica sigla.
Qui abbiamo Lupin, un ladro gentiluomo, un personaggio buono, ladro ma in un mondo fantasioso, un mondo in cui si gioca a guardie e ladri ma senza fare sul serio.
A differenza di Lo Chiamavano Jeeg Robot in cui il mondo fantasioso e la realtà finiscono per compenetrarsi e offrire un'opportunità di riscatto al protagonista, qui restano comparti stagni, vasi non comunicanti: il mondo di Lupin è soltanto l'immagine idealizzata che il protagonista ha di sé stesso, un'immagine che è nata quando egli era bambino e guardava, da una parte, le avventure del suo idolo in quel mondo di fantasia, mentre dall'altra partecipava ai furtarelli della famiglia, in un mondo tristemente reale e privo di sogni.
Quel bacio, soffiato di nascosto da Mastandrea-Lupin al "paparino" Ispettore Zenigata è il cuore di questo corto: non è solo un gesto d'affetto e di riconoscimento verso il proprio alter ego, senza il quale non esisterebbe lui stesso.
E' soprattutto un gesto d'affetto del protagonista verso la propria stessa immagine e verso quel sogno che ha conservato dentro, quel mondo di fantasia che lo ha tenuto in vita per anni, che gli ha permesso di affrontare una realtà molto diversa, triste e cruda.
È il bacio di addio a quel mondo dolce e idealizzato al quale fino all'ultimo si è aggrappato, prima di tornare nel mondo reale, ma stavolta sull'asfalto, sdraiato.